“Novantadue / Falcone e Borsellino, 20 anni dopo” di Claudio Fava stasera su Rai5 per la Giornata della Legalità

Viaggio nella memoria del Belpaese con “Novantadue / Falcone e Borsellino, 20 anni dopo” di Claudio Fava nella mise en scène di BAM Teatro firmata da Marcello Cotugno in onda oggi, sabato 23 maggio, alle 21:15su Rai5 in occasione della Giornata della Legalità. Le riprese televisive sono state realizzate in occasione del debutto nell’Isola della pièce – in cartellone da mercoledì 18 fino a domenica 22 maggio 2015 al Teatro Massimo di Cagliari per la Stagione de La Grande Prosa del CeDAC Sardegna.

“Novantadue” è stato riproposto nei teatri dell’Isola l’anno successivo – sempre sotto le insegne del CeDAC – per la stagione de La Grande Prosa 2015- 2016, nell’ambito del Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo in Sardegna. La pièce ricostruisce gli ultimi mesi dei due magistrati simbolo della lotta contro la mafia, fino alle stragi di Capaci e di Via D’Amelio.

Sotto i riflettori Filippo Dini (tra i più interessanti e apprezzati interpreti della sua generazione, già co-protagonista accanto a Luca Barbareschi de “Il discorso del re”, e vincitore del Premio “Le maschere del Teatro” per il ruolo di Padre Lorenzo nel “Romeo e Giulietta” di Valerio Binasco, e nel 2014 del Premio Hystrio ANCT assegnato dall’Associazione Nazionale Critici Teatrali) nei panni di Giovanni Falcone e Giovanni Moschella (dopo l’esordio ne “La corda a tre capi” per la regia di Arnoldo Foà, ha collaborato con artisti di spicco della scena italiana – da Anna Maria Guarnieri e Pamela Villoresi e Mascia Musy, da Walter Manfrè a Ninni Bruschetta, Saverio Marconi, ed Enzo Vetrano e Salvatore Randisi, e al cinema è stato diretto – tra gli altri – da Mario Martone ne “Il giovane favoloso”) in quelli di Paolo Borsellino.

In un lungo flashback – dal soggiorno dei due giudici del pool antimafia sull’Isola de L’Asinara, tra le mura dell’ex carcere di massima sicurezza, come estrema misura di protezione in vista del maxiprocesso di Palermo, fino al duplice attentato – si susseguono interrogatori di mafiosi e dichiarazioni di pentiti, e scambi di opinioni con altri magistrati, molti personaggi reali e riconoscibili, cui presta volto e voce Fabrizio Ferracane (attore di teatro e cinema, diretto da registi come Giuseppe Tornatore e Mimmo Calopresti, dopo le nomination per “Anime Nere” di Francesco Munzi tra i candidati al Premio David di Donatello come miglior attore non protagonista per “Il Traditore” di Marco Bellocchio).

Episodi noti e meno noti, incontri significativi e conversazioni emblematiche restituiscono, in un intrigante e variegato affresco, le atmosfere dell’Italia all’inizio degli Anni Novanta – quando i successi del pool sembravano segnare la sconfitta definitiva della criminalità organizzata, pronta invece a risorgere e risollevarsi, come un’idra dalle molte teste, con nuovi mandamenti e nuovi capi.

Novantadue / Falcone e Borsellino, 20 anni dopo” è uno spettacolo coraggioso e necessario, che nasce dall’esigenza di riflettere, a distanza di quattro lustri su una stagione cruciale per la storia del Belpaese, anche alla luce dei recenti procedimenti giudiziari e dell’emergere di dettagli inquietanti sulla trattativa Stato-mafia, come dell’affermarsi e diffondersi della criminalità organizzata sotto inedite forme, più insidiose, negli anni della crisi economica. La pièce traccia un duplice ritratto – non agiografico – di due eroi loro malgrado, due uomini dello Stato, due amici e colleghi assassinati ma non sconfitti dalla potenza esplosiva del tritolo e dalla strategia brutale e aggressiva portata avanti dalla criminalità organizzata come reazione alle indagini del pool.

Novantadue” rimanda alla data significativa della conclusione del maxiprocesso, che inferse un duro colpo alla struttura di “Cosa Nostra”, con gravi condanne che smentivano il mito dell’intoccabilità della mafia – coperta dall’omertà degli affiliati e dal silenzio delle stesse vittime, nel timore di ritorsioni. Una rivoluzione culturale – oltre che un successo clamoroso, frutto dell’immane sforzo della magistratura per giungere alla ricostruzione – attraverso testimonianze, documenti, interrogatori e dichiarazioni di pentiti, prove e intercettazioni – dell’architettura e del sistema di potere delle varie cupole mafiose. La sconfitta – almeno momentanea – di un’organizzazione vastissima e capillare, concepita, e percepita, come una forma di antistato – una realtà parallela, capace in alcuni casi di supplire a carenze e assenze della politica, fino a sostituirsi alle istituzioni nella gestione del territorio, imponendo balzelli – il cosiddetto pizzo – con la violenza e l’intimidazione, rimane uno dei capitoli esemplari della storia della repubblica italiana.

Se il teatro rappresenta la moderna agorà – il luogo della riflessione e del confronto, della discussione pubblica di temi fondamentali e del dialogo democratico – la pièce di Claudio Fava offre più di uno spunto per analizzare criticamente, e comprendere, gli eventi degli ultimi decenni, con tutte le contraddizioni, e le responsabilità, le disattenzioni della politica e la colpevole assenza dello stato. L’impegno di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e dell’intero pool antimafia ha potuto e saputo non solo scalfire, ma scardinare il contropotere criminale, semplicemente rivelandone la complessa struttura e svelando i nomi di mandanti ed esecutori, rompendo così il muro di un silenzio plurisecolare dettato dalla paura. I due magistrati hanno offerto con le loro vite – ancor più che con la loro morte – un esempio concreto di serietà e coerenza, e dedizione al proprio dovere e ai valori che lo stato rappresenta: il loro (involontario ma consapevole) sacrificio non può e non deve essere dimenticato, né vanificato, ma resta come un luminoso monito per le giovani generazioni.

Il trionfo della giustizia – sia pure temporaneo, perché troppo presto offuscato dall’emergere di segrete e imbarazzanti collusioni di rappresentanti delle istituzioni con le organizzazioni criminali – ha comunque dimostrato inequivocabilmente l’importanza del bene comune come fulcro dell’attività legislativa e amministrativa, come principio ispiratore e fine primo ed ultimo dello stato di diritto, alla base delle garanzie costituzionali e dello spirito stesso della democrazia – e della civiltà occidentale.

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