Al Teatro Massimo di Cagliari un concerto-spettacolo per celebrare il jazz: Piacere, Chet Baker – produzione Sardegna Teatro – venerdì 10 gennaio, sabato 11 e domenica 12 alle ore 19.
Un reading immaginifico ed emozionante, intervallato da brani strumentali o cantati dal Luigi Tontoranelli con voce da “non cantante”, alla ricerca di un contatto con l’estetica del “non cantante” Chet Baker, stroncato ferocemente dalla critica e dai colleghi ma amato da tanto pubblico soprattutto sulla sponda orientale dell’Atlantico.
Una serata per raccontare un mito del jazz: Chet Baker. Musicista timido e spregiudicato, dolcissimo e violento quasi sempre sull’orlo del baratro, tra droghe, amori disperati, e la sua inseparabile tromba.
Magro, scavato, nervoso, Baker era terrorizzato dal giudizio degli altri. Alcuni critici lo accusavano di voler imitare con la sua tromba Miles Davis, ma amavano il suo modo sognante di cantare; altri nel suo modo di cantare lamentavano invece mancanza di concretezza e virilità. E allora Chet si avvolgeva nel suo bozzolo, il capo e le spalle curvi, completamente distante dal pubblico di cui sembrava a malapena riconoscere l’esistenza. E suonava.
Fra i brani:
My funny Valentine
I fall in love too easily
You don’t know what love is
My buddy
Everything happens to me
Time after time
It’s always you
Mi sei scoppiato dentro al cuore all’improvviso. Così cantava Mina e così è successo a me. Fino a qualche anno fa, c’era ancora qualcuno che ancora non sapeva chi fosse Chet Baker, chi era questo qualcuno? Ero io. Poi da quando l’ho conosciuto mi è scoppiato dentro al cuore ed è entrato a far parte della mia vita, della mia casa, della mia famiglia, e non se n’è andato più. E con lui sono entrati libri, biografie e film che raccontano la sua vita.
Luigi Tontoranelli
Se uno mi chiede: “ti trovi più a tuo agio a recitare o a cantare?” Non ci penso due volte: “a cantare!”
Cantare è sempre stato qualcosa di speciale per me, di intimo. Un’amicizia saldissima, profonda. E allora mi sono detto: “Lui è là, nel suo CD, tu sei qua, perché non fate qualcosa insieme.”
Ma se devi scrivere qualcosa per il teatro bisogna che ci sia una necessità. E questa necessità per me è stata la musica, insieme ad altre concomitanze, come avrebbe detto Petrolini.
La voce per esempio. Il carattere scontroso, distante, chiuso. I denti rotti. Insieme alla necessità disperata e disperante del senso dell’arte, naturalmente.
Tutte cose che racconto durante il concerto.
Non ho inteso fare una biografia, non mi importava dire quando è nato, dove e quando è morto. Allora ho preso al balzo l’idea delle cose che combaciavano nelle vite di ciascuno di noi due ed è nato Piacere, Chet Baker.
La stesura è stata velocissima, qualche pomeriggio forse. Mio figlio Edoardo ascolta ciò che ho scritto e fa: “Figo!” Poi un giorno mentre c’erano le note di Chet che andavano, entra in casa nostra, mia nipote Federica che si ferma di colpo e dice: “Ma chi è zio Luigi che canta?” e allora… vabbè…
Quindi sono andato a casa di Salvatore Spano, una musica di pianista, e dopo avere accennato qualche pezzo, alla mia domanda: “ma secondo te lo possiamo fare?” Questa è stata la sua risposta: “lo dobbiamo fare!”.
“E ora però manca la tromba” ho detto. “Non ti preoccupare” mi ha risposto “la tromba non c’è… ma Chet”. Ed è arrivato Giovanni Sanna Passino; siamo stati fortunati. E così il tutto è esploso in questo nostro concerto spettacolo.