2011/2022: Salmo in dieci anni (più uno) di flashback e flashforward

Dal “massacro sull’isola” e la “morte in USB” fino a San Siro: breve storia del rapper sardo

Salmo. 📷 Facebook

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«Io sto sul fondo perché è l’unico riparo
Sono sopravvissuto nella pancia dello squalo»


È il 18 maggio 2011 quando Fabio Rizzo alias Marracash pubblica sul suo canale Twitter un link a un video di YouTube accompagnandolo con parole entusiaste: «Sentite questo tipo, spacca! e non è mio cugino, mio fratello o un amico».

Il video è in bianco e nero, un piano sequenza molto artigianale, una cameretta angusta, una voce roca su una base asfittica e rime sparate in faccia come da una mitragliatrice. La canzone si chiama “Il senso dell’odio”, il ragazzo nella stanzetta è Maurizio Pisciottu alias Salmo. Nato a Olbia (ma di stanza a Milano), classe 1984 con il marchio di George Orwell: Salmo ci scriverà anche un pezzo, ma bisogna aspettare il 2015. Nel frattempo, gira in lungo e in largo l’isola e lo stivale con dei live che sono delle mazzate sulle gengive.

“Il senso dell’odio” è tratta da “The Island Chainsaw Massacre”, l’album di debutto di Salmo pubblicato undici anni fa per Kick Off! Recordz. Un disco che in quel 2011 esplode nelle mani, pardon nelle orecchie, di chi lo ascolta come una bomba carta. Narrazioni introspettive, ansiogene, caustiche e di denuncia fanno un frontale con un bagaglio musicale che attinge tanto alla drum’n’bass quanto all’hip-hop di matrice più classica e alle chitarracce distorte di area hardcore e simili. Pochi fronzoli e molta sostanza.

L’immaginario di Salmo è fatto di maschere con ghigni mefistofelici, un certo humus pulp che emerge sin dal titolo del disco (riferimento al capolavoro di Tobe Hooper). Con coerenza tarantiniana questo immaginario ritorna nelle sue maschere, nelle sue grafiche, nei videoclip che pubblica. Uno su tutti: l’anticlericalismo al vetriolo di “Un dio personale” («Dio è morto invano/ Dio è morto in ogni essere umano/ Dio è morto dentro tutte le banche del Vaticano»). 

Il 2012 è per Salmo l’anno del primo disco uscito con Tanta Roba, etichetta made in Italy milanese fondata da Guè Pequeno e Dj Harsh. “Death USB” racconta sin dalla angosciante maschera in copertina il suo contenuto. Beat al cardiopalma e bassi saturi. È come se Salmo fosse il maestro di cerimonie in un gigantesco rave infernale con i featuring di Ensi, En?gma, Primo et ceteramulta.

L’immaginario che richiama “Death USB” non è però tanto quello dei capannoni dove ci si sballa(va) a suon di jungle e pastiglie quanto una sorta di post-raduno apocalittico e nevrotico sotto un diluvio incessante alla Blade Runner. Si ascoltino gli asmatici synth di “Narcoleptic Verses Pt. 1”, la ritmica tirata indietro della title track o “Doomsday” con il suo beat dubstep imbevuto di allucinogeni. «Mic in my hand, rhyme to my head». Una pioggia (acida) vi seppellirà. 

Flashforward di dieci anni: siamo nel 2022. Salmo ha espugnato San Siro in un concerto che è già iconico almeno quanto l’immagine del rapper sardo vestito da prete che urla il blues luciferino di “A Dio” in faccia ai presenti. Con il suo “Playlist” (2018) Salmo è stato il primo artista italiano a piazzare otto brani nella Global Chart di Spotify; “Flop” è stato inserito da Rolling Stone al quinto posto fra i migliori dischi italiani del 2021. La band con cui si esibisce è una macchina da guerra e i suoi live sono un concentrato di chirurgica attenzione ai dettagli, potenza sonora e una capacità quasi sciamanica di interazione col pubblico. 

Save the date: il 14 agosto Salmo si esibirà al Red Valley Festival di Olbia. Questo è quanto, almeno sino a ora. The future is coming on.

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