TEXILE è un progetto musicale nato a Cagliari nel 2016 dall’incontro tra Valentino Murru (batterista e autore dei testi del progetto), già fondatore della band sarda Antennah, prodotta dal Consorzio Produttori Indipendenti, Grace (voce), Luca Becciu (chitarre), Gabriele Loddo (basso) e Simone Mattana (synth e tastiere). Una formazione giovane che però non tarda a mettere a frutto la propria vena creativa: è dell’estate del 2017 il videoclip – diretto dal regista svedese Niels Jensen – di Settembre, brano proveniente dal primo Ep della band, Blu macchiato di blu, uscito lo scorso 15 dicembre per la Stella Recordings, con la produzione artistica di Stefano Guzzetti. I quattro brani confluiti in questo primo lavoro sono in bilico tra un sound teso e asciutto, senza sbavature, che guarda alle più recenti produzioni indipendenti del pop-rock italiano e atmosfere più meste e rarefatte che sembrano invece strizzare l’occhio a un recupero riverberato e sognante della tradizione cantautorale classica.
In attesa della pubblicazione del primo album, prevista per il 2018 e di cui Blu macchiato di blu costituisce una gustosa anticipazione, abbiamo intervistato i Texile affinchè raccontassero ai nostri lettori la loro esperienza musicale.
Quali circostanze hanno determinato il concretizzarsi del progetto Texile e quali tra i vostri ascolti ed esperienze musicali hanno influito sull’individuazione di una particolare cifra stilistica?
Il progetto è stato pensato e voluto nel 2016 da Valentino, già fondatore degli Antennah insieme a Stefano Guzzetti, attualmente produttore di Texile. È nato essenzialmente da un’urgenza espressiva, noi tutti eravamo alla ricerca di qualcosa che ci appagasse in termini creativi. Pur provenendo da esperienze molto diverse tra loro, ci sono un sentire, una sensibilità ed un approccio alla composizione – e quindi alla costruzione del nostro universo sonoro – che ci accomunano. Elencare gli ascolti che ci hanno formato e influenzato sarebbe impossibile. Tutto il ‘900 di sicuro, le sue avanguardie in ambito pop-rock ma non solo, il jazz, una certa black music, la disco e ovviamente la canzone d’autore italiana e francese. Tutto questo e molto altro ribolle e fa capolino nel nostro universo sonoro. Abbiamo comunque un approccio “circolare” alla composizione e per una naturale inclinazione tendiamo ad “asciugare” il nostro suono.
Texile è il nome di un monumento naturale che si trova in Barbagia: questa scelta allude forse a una piena identificazione con le vostre radici sarde? Cosa pensate della scena musicale isolana e in che modo vi ci rapportate?
“Texile” perché è fascinoso ed enigmatico e poi suona bene anche all’estero. Nessun rimando “identitario”, comunque. Certo, la nostra musica risente intrinsecamente del fatto di vivere in un’isola battuta dai venti, il nostro suono restituisce suggestioni rarefatte, sospese… Probabilmente figlie dei silenzi millenari dell’entroterra sardo. Il sound è dilatato, volutamente riverberato e desertico.
La scena musicale isolana è feconda e sono presenti delle belle realtà, intratteniamo buoni rapporti con tutti. Non facciamo molta vita sociale, comunque: difficilmente collocabili in una “scena”, non ci interessa farne parte. Siamo molto concentrati sulla progettualità della band e stiamo seminando tantissimo. Facciamo delle differenze stilistiche il nostro punto di forza, ci interessa ibridare, provare in libertà soluzioni e sondare territori. Siamo sempre sintonizzati e attenti a ciò che “monta su” a livello di trend e nuovi movimenti, ma lo siamo soprattutto per evitarli e non per esserne parte. Ci interessa risultare personali.
Il vostro primo EP è intitolato Blu macchiato di blu, verso estrapolato dall’ultimo brano Lontano lontano: difficile non cogliere un’allusione alla famosa canzone interpretata da Modugno. In che misura l’approccio dei Texile vuole essere conservativo o eversivo nei confronti degli stilemi classici della canzone italiana d’autore?
Davvero nessuna allusione al grandissimo Modugno, piuttosto la restituzione di immagini concrete, in questo caso specifico abissi marini o, se preferisci, squarci di cielo azzurro. È un testo fortemente evocativo e di grande impatto emotivo. Non ci muoviamo intenzionalmente verso la canzone d’autore, ma è comunque necessario farvi i conti: siamo figli anche di quei mondi. Un nostro nume tutelare è sicuramente Serge Gainsbourg, ne subiamo l’influsso ma cerchiamo di starne alla larga: troppo ingombrante e risulterebbe scontato attingere a piene mani dal suo genio. Solo una piccola “rivisitazione” live di un suo pezzo scritto per la Bardot!
Il brano Non è niente ha una storia particolare: vorreste narrarla ai nostri lettori?
Non è niente è stata recuperata dalla colonna sonora de La calda vita un film del 1963 girato tra Cagliari e le coste ancora incontaminate di Villasimius. È la cantilena che Catherine Spaak, attrice protagonista del film, intona su un sottofondo orchestrale. Il ricordo di quel via vai di attori e operatori e dell’allestimento dei set a Cagliari è ancora vivo nella memoria dei nostri genitori e dei cagliaritani della vecchia generazione. Ci è stato tramandato come il ricordo di un’epoca irripetibile: in pieno boom economico a Cagliari accadeva anche questa cosa qui. Ci piaceva l’idea di restituirne un pezzetto.
In uno dei vostri pezzi, Settembre, mi pare di poter cogliere alcune reminiscenze provenienti dalla musica di Bowie. Ci sono stati dei modelli di cui avete tenuto conto nello scrivere i brani confluiti nell’EP?
Sì, hai colto bene, come si diceva prima nella nostra musica ci sono mondi in collisione, abbiamo assorbito tantissimo e tanto restituiamo. Ci piace citare, cerchiamo di farlo con stile senza “scopiazzature”… In Settembre emerge il nostro amore per Brian Eno e per i chitarristi che ha coinvolto nella trilogia berlinese di Bowie (ma non solo), le chitarre sono volutamente ossequiose nei confronti di colossi come Adrian Belew o Robert Fripp.
Credo che una delle caratteristiche principali del vostro primo lavoro sia una certa “onirica essenzialità”: qual è stato il fil rouge che ha informato la scelta dei brani da includervi e come avete lavorato agli arrangiamenti defintivi?
Tendiamo a dilatare il suono, per inclinazione suoniamo essenzialmente “downbeat”, è la nostra cifra. I testi influenzano le musiche e viceversa. Ci caratterizza questa componente sognante, visionaria, andiamo per immagini. In fase compositiva tendiamo a essere molto prolifici per poi asciugare e arrivare a una sintesi che ci soddisfi. Dal vivo siamo ipnotici, densi e viscerali. Anche giocosi però. I brani da produrre e inserire in questo Ep li ha scelti Stefano Guzzetti, il nostro produttore. Avevamo dei provini, una decina di brani e lui ha individuato quelli su cui lavorare. È stato determinante l’intervento di Stefano per accorciare e tagliare il superfluo, ha alleggerito molto il materiale sonoro e questo ha fatto sì che i pezzi acquisissero più freschezza e maturità. Gran parte del lavoro di produzione è stato effettuato durante le registrazioni dei brani. Siamo molto soddisfatti.
Ringraziamo i Texile e ricordiamo ai lettori che possono restare aggiornati su tutte le novità inerenti al progetto visitando il sito texilemusic.com o la pagina Facebook @texilemusic.