Natale in bianco e nero: il fascino dei vecchi film per riscoprire la magia delle feste

Se amate il cinema degli anni ‘40, ecco qualche suggerimento per un Natale all’insegna della sophisticated comedy, con i volti di James Stewart, Cary Grant e Barbara Stanwyck

Fred Astaire, Bing Crosby, Virginia Dale, Marjorie Reynolds ne “La taverna dell’allegria” (Holiday Inn) di Mark Sandrich (1942)

Fred Astaire, Bing Crosby, Virginia Dale, Marjorie Reynolds ne “La taverna dell’allegria” (Holiday Inn) di Mark Sandrich (1942)

In questo periodo dell’anno, i “Christmas Movies” ambientati durante le festività invadono i cataloghi delle piattaforme streaming e i palinsesti televisivi, tra novità e grandi classici; se però, nonostante l’ampia scelta, ancora non avete trovato il vostro “film di Natale” e siete alla ricerca di storie deliziosamente raffinate che vi ricordino quanto la vita, pur tra mille difficoltà, possa essere meravigliosa, potreste lasciarvi tentare dal cinema in bianco e nero degli anni ‘40 e da quelle “commedie sofisticate” in cui ai buoni sentimenti si accompagnano arguzia, eleganza e una non trascurabile originalità narrativa: alcuni titoli, forse, saranno difficili da recuperare, ma di certo varrà la pena provarci.

È fin troppo semplice, e tuttavia dovuto, iniziare da “La vita è meravigliosa” (It’s a wonderful life) di Frank Capra (1946): per quante volte possiate aver già visto il film, tratto dal racconto “The Greatest Gift” di Philip Van Doren Stern, un ripasso annuale delle disavventure del protagonista George Bailey, interpretato da James Stewart, vi riconcilierà con il Natale; se invece non conoscete ancora la storia di George, emblema di generosità, recuperate al più presto questo classico, non solo per godere di una delle prove d’attore più riuscite di Stewart, ma anche per fare la conoscenza di Clarence Oddbody (Henry Travers), angelo custode di seconda classe che ancora deve meritare le ali e che ha l’incarico di far comprendere a George, nella fredda notte della Vigilia di Natale del 1945, quanto il suo spirito di sacrificio, che gli ha sempre fatto mettere da parte sogni e aspirazioni personali, sia stato importante per il destino dei suoi familiari e della sua comunità.

Ancora James Stewart è protagonista, insieme a Margaret Sullavan, del film “Scrivimi fermo posta” (The shop around the corner) di Ernst Lubitsch (1940): Alfred Kralik e Klara Novak lavorano nel medesimo negozio di articoli da regalo di Budapest, di proprietà del signor Hugo Matuschek (Frank Morgan), ma non vanno troppo d’accordo, sebbene, l’uno all’insaputa dell’altra, intrattengano un’amicizia epistolare molto tenera. Con l’approssimarsi del Natale, nonché del primo incontro al buio tra Alfred e Klara, la situazione si complica, perché il signor Matuschek si convince che la moglie lo tradisca proprio con il suo commesso Alfred: sarà davvero così? Questa incantevole pellicola, ispirata alla commedia “Parfumerie” di Miklós László, nel 1998 è stata oggetto del remake “C’è posta per te” di Nora Ephron, con Tom Hanks e Meg Ryan.

Una frizzante Barbara Stanwyck è protagonista della romantica commedia degli equivoci “Christmas in Connecticut” di Peter Godfrey (1945): Elizabeth Lane è quella che oggi si definirebbe una “food blogger”, scrive di cucina dunque, ma lo fa fingendosi l’operosa moglie di un fattore del Connecticut, nonché madre di un bebè, nonostante in realtà sia single e viva a New York. Quando l’editore, all’oscuro della sua vera identità, le chiede di ospitare nella fattoria il reduce di guerra Jefferson Jones (Dennis Morgan) per il pranzo di Natale, Elizabeth escogita un rocambolesco piano per non farsi scoprire e non deludere né l’editore né l’eroe di guerra, la cui fidanzata, nonché infermiera, ha scritto al giornale per raccontare quanto il valoroso soldato sia stato aiutato dalla lettura della rubrica di cucina durante una difficile convalescenza: inutile dire che l’incontro tra Elisabeth e Jefferson in un freddo Natale del Connecticut sarà decisamente movimentato.

Si balla e si canta ne “La taverna dell’allegria” (Holiday Inn) di Mark Sandrich (1942) e, del resto, non potrebbe essere altrimenti, visto che questo film musicale nasce da un soggetto del grande compositore Irving Berlin e vede come protagonisti Bing Crosby, uno dei più famosi interpreti di canzoni natalizie al mondo, e il mitico Fred Astaire, accompagnati sulla scena dalle partner femminili Marjorie Reynolds e Virginia Dale. Si racconta di un albergo che apre solo in occasione delle festività: Jim (Crosby), il proprietario, è un ex ballerino, che sembra aver ritrovato l’amore con Linda (Reynolds), la sua socia, dopo essere stato respinto dalla compagna di ballo Lila (Dale), che gli ha preferito il suo amico Ted (Astaire): l’arrivo di Ted all’albergo in occasione del Natale, tuttavia, creerà un certo scompiglio e, tra una piroetta e l’altra, provocherà più di un batticuore. Nel 1943 il film ha vinto l’Oscar per la Miglior Canzone con il brano “White Christmas”, firmato da Irving Berlin e cantato da Crosby.

Con “La moglie del vescovo” (The Bishop’s Wife) di Henry Koster (1947), tratto da un romanzo di Robert Nathan, torna protagonista la figura dell’angelo, interpretato nel film da Cary Grant:

Dudley, questo il nome dell’alato custode, scende sulla terra in prossimità del Natale per riportare sulla retta via il vescovo Henry Brougham (David Niven), che per realizzare il sogno di costruire una cattedrale rischia di finire tra le spire di un’astuta ricattatrice, oltre che di rovinare il rapporto con sua moglie Julia (Loretta Young) e sua figlia, trascurate da tempo, e con i suoi parrocchiani; Dudley è armato di buone intenzioni, ma inaspettatamente si trova a dover fare i conti con i sentimenti che prova per Julia, così conturbanti da fargli dubitare di riuscire a compiere la sua missione.

Con questa pellicola, da cui nel 1996 è stato tratto il remake “Uno sguardo dal cielo” con Denzel Washington e Whitney Houston, si chiude il cerchio aperto con “La vita è meravigliosa”: prima di girare “La moglie del vescovo”, infatti, Cary Grant è stato sul punto di interpretare l’angelo di seconda classe Clarence, affiancando Gary Cooper nel ruolo di George Bailey, che poi fu di James Stewart. Fu proprio Cary Grant a proporre allo studio con cui lavorava di acquistare i diritti per il film, ma dopo una serie di sceneggiature poco convincenti, vennero ceduti: altre ali, evidentemente, aspettavano Cary Grant in una fredda notte di Natale, pronte a farci desiderare un pizzico di magia “in bianco e nero”.

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