Luca, il nuovo film della Pixar è un omaggio all’Italia

Un’estate italiana tra gelati e giri in Vespa, il nuovo lungometraggio animato è una storia di amicizia e crescita dentro i mitici anni '60 del nostro Paese

È appena uscito in streaming su Disney+ il nuovo cartone della Pixar “Luca”, ambientato il Liguria negli anni 60 e diretto dal genovese Enrico Casarosa. La storia del mostro marino che si trasforma in un ragazzino ha già generato recensioni positive oltreoceano ed entusiasmo in Italia, dove l’hashtag #Luca è schizzato subito alle prime posizioni di Twitter.

Il film è un coming of age, che affronta il tema della crescita personale del protagonista, Luca, in quella difficile fase che va dalla fine dell’infanzia a inizio adolescenza, nel percorso verso l’età adulta. Come in tanti film della Pixar, la storia ruota attorno all’amicizia, in questo caso quella tra due ragazzi che insieme vanno alla scoperta di un mondo sconosciuto e pericoloso, affrontando le prime sfide della vita.

Tra una scena e l’altra si esplorano tutti i temi della tipologia di genere, come le insicurezze sul proprio aspetto, il bullismo e la paura di essere diversi, ma in modo originale e mai forzato.

L’opera di Casarosa però colpisce soprattutto per la sua potenza grafica. Le immagini trasportano lo spettatore dentro lo schermo, restituendo una esperienza immersiva nell’atmosfera colorata e genuina che caratterizza il film. I fan della super tecnica di animazione d’avanguardia targata Pixar non resteranno certo delusi.

Un’allegra estate italiana

È estate, i 13enni Luca Paguro e Alberto Scorfano trascorrono le giornate sul mare della Liguria, mangiando focacce e sognando di sfrecciare per le stradine del paese su una Vespa. I ragazzini però nascondono un segreto: in realtà non sono umani, bensì dei “mostri” marini che hanno disobbedito alla principale regola del loro mondo: non affacciarsi mai sulla terraferma.

Luca – che ricorda tanto Nemo, il buffo pesce pagliaccio di un altro grande successo della Pixar – è introverso e riflessivo ma anche curioso di ciò che c’è al di là del proprio pezzetto di mare e si fa così convincere dal ribelle Alberto ad avventurarsi nel mondo proibito degli umani.

I due finiscono per caso nella splendida Riviera ligure che è la terza protagonista della storia, rappresentata dalla fittizia Portorosso. Il paesino è un miscuglio di stereotipi da cartolina che a noi potrebbero talvolta risultare stucchevoli ma che appagano interamente l’immaginario dell’americano medio sull’Italia. Sono presenti vari riferimenti celebrativi dei mitici anni 60 – epoca in cui il film è ambientato – quelli del boom economico e del grande cinema, evocato dal santino di Marcello Mastroianni, massimo esponente della Dolce Vita, che Luca tiene in mano alla guida della mitica Vespa rossa. Una menzione d’onore va al primo piano sulle tradizionali trenette al pesto cucinate dal padre di Giulia, la coetanea umana con cui i due “pesciolini” fanno conoscenza e che li aiuterà a vincere la gara di triathlon del paese.

Oltre la paura del diverso

Luca e Alberto esplorano, ridono, fanno nuove amicizie ma internamente tengono alta la guardia. Sanno di dover celare a tutti i costi la loro reale identità per non essere scoperti e quindi condannati dagli umani.

Ecco che affiora la paura di essere visti nel proprio essere diversi, in un mondo che spesso non lo accetta, umiliando l’identità personale in nome di una “normalità” che svilisce il senso stesso della vita.

Dietro l’apparente semplicità della storia, l’autore riporta a galla un rinnovato inno alla diversità e alla sua accettazione come parte fondante della nostra realtà. Un messaggio per tutti, specialmente ai tanti giovani a cui il film principalmente si rivolge, che viene veicolato in modo sottile e anche appagante nel finale.

Il paragone con “Chiamami col tuo nome”

Succede che quando un film diventa un cult, quale è il capolavoro internazionale di Luca Guadagnino “Chiamami col tuo nome”, alla minima coincidenza narrativa con un altro film si tende a paragonarli, probabilmente per il puro piacere di ricordare a tutti quanto era bello l’originale e quanto apprezzato sia l’evidente omaggio fattogli dall’autore.

In questo caso persino il New York Times ha giudicato degne di nota le somiglianze di copione tra l’opera di Guadagnino e “Luca” e ci ha fatto un pezzo- “Calamari by your name– che con un divertente gioco di parole in inglese rimanda alle evidenti sovrapposizioni.

I due lavori infatti sono entrambi ambientati in una nord Italia del passato e raccontano il viaggio “proibito” di due ragazzi baciati dal sole di un’estate italiana. In entrambi, i protagonisti – per ragioni che potrebbero coincidere per i fan del filone gay – devono nascondere la propria identità per sfuggire allo scandalo. A riconferma della teoria c’è la scena di gelosia di Alberto quando Luca passa del tempo con la bella Giulia. Infine, il saluto strappalacrime alla stazione dei treni è pressoché identico. Insomma, le coincidenze ci sono ma le intenzioni, a sentire l’autore, non proprio.

Ognuno, dunque, scelga la sua versione e si goda la storia di “Luca” con la stessa spensieratezza di questa estate italiana.

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