“City Hunter The Movie: Angel Dust”: torna al cinema Ryo Saeba, il mitico detective di Shinjuku creato da Tsukasa Hōjō

Nelle sale italiane solo per tre giorni, dal 19 al 21 febbraio, il terzo film d'animazione tratto dal manga “City Hunter”. Un'occasione per scoprire un grande classico del fumetto giapponese e per i fan di lunga data di rivivere le atmosfere della serie cult

Ryo Saeba

Corre l’anno 1997 e sulle frequenze di Italia 7 va in onda per la prima volta in Italia una serie animata proveniente dal Sol Levante che, pur essendo stata acquistata da Mediaset già qualche anno prima, non ha trovato spazio nella programmazione di Italia 1 dedicata al pubblico più giovane, nonostante le censure preventive a cui è stata sottoposta.

Del resto “City Hunter”, questo il titolo, non è un cartone animato per bambini e bambine, così come non lo è l’omonimo manga da cui è tratto, definito in Giappone come uno shōnen manga, un fumetto per ragazzi, per lo più adolescenti, in contrapposizione allo shōjo manga, il manga per ragazze; all’epoca Tsukasa Hōjō, il mangaka autore della saga, è già noto in Italia per essere il creatore di “Occhi di gatto” (“Cat’s Eye”), un successo mondiale, in cui si raccontano le vicissitudini del trio di sorelle e ladre di opere d’arte Sheila, Kelly e Tati (in originale Hitomi, Rui e Ai), ma la peculiarità di “City Hunter” suggerisce una messa in onda più discreta rispetto a quella del cartone animato delle agilissime “gatte”, reso famoso anche dalla celeberrima sigla cantata da Cristina D’Avena.

Thriller investigativo decisamente venato di commedia, “City Hunter” è, innanzitutto, una storia degli anni ‘80; in Giappone il fumetto viene pubblicato a partire dal 1985, la serie invece va in onda dal 1987 ed è sufficiente immergersi nei primi episodi per cogliere le atmosfere e lo stile narrativo dei polizieschi tipici del decennio, se non bastasse l’abbigliamento dei personaggi. Il protagonista, Ryo Saeba, è un investigatore privato, lo “sweeper”, ovvero “lo spazzino”, di Shinjuku, che per i suoi clienti svolge mansioni di detective, guardia del corpo e assassino a pagamento; Ryo lavora in coppia con Kaori Makimura, che ha preso il posto del fratello Hideyuki, vittima di un assassinio. Il rapporto tra i due protagonisti è decisamente spassoso, soprattutto perché lo sweeper è, o vorrebbe essere, un donnaiolo impenitente e, se Kaori glielo permettesse, accetterebbe solo clienti avvenenti, vittime predestinate dei suoi espliciti corteggiamenti; a Ryo, infatti, basta poco per eccitarsi, condizione quest’ultima che non si sforza minimamente di nascondere: le sue “mokkori”, in giapponese un buffo sinonimo onomatopeico della parola “erezione”, sono punite da Kaori a suon di martellate.

L’esuberante sessualità, forse, fa di Ryo un personaggio “politicamente scorretto”, ma di certo irresistibile, così come, del resto, è appassionante l’evoluzione del suo rapporto con Kaori; la ragazza armata di martello da 100 tonnellate, come minimo, non è certo provocante come la maggior parte delle clienti dello sweeper, anzi, veste in modo semplice, non si trucca e porta i capelli corti, ma il sentimento tra lei e Ryo cresce di episodio in episodio, così come, gradualmente, emerge il passato drammatico del protagonista, segnato dal rapporto con il padre adottivo Shin Kaibara.

Proprio questo personaggio rappresenta il fulcro della trama di “City Hunter The Movie: Angel Dust”, terzo film cinematografico tratto dal manga di Hōjō, nelle sale italiane per tre giorni, dal 19 al 21 febbraio (le sale in cui vederlo): la trama, nelle battute iniziali, sembra tratteggiare un caso fin troppo semplice per Ryo, con l’avvenente influencer Angie che ingaggia il detective per ritrovare il suo gatto, un grazioso micio con cui ha intenzione di realizzare un reportage del suo viaggio in Giappone sui social network. La ragazza, tuttavia, nasconde un segreto e finisce con l’aprire uno squarcio nel passato di Ryo, che da bambino è sopravvissuto a un terribile incidente aereo, avvenuto sui cieli dell’America Latina; in questa occasione Ryo è rimasto orfano ed è stato cresciuto e addestrato in un contesto di guerriglia da Shin Kaibara, che oltre ad averlo reso un combattente pressoché infallibile, ha testato su di lui una droga che avrebbe dovuto renderlo una sorta di super-soldato e che gli ha provocato dipendenza e violente crisi d’astinenza. Ora questa sostanza, la “Angel Dust”, torna ad affacciarsi nella vita di Ryo, con conseguenze drammatiche: riuscirà lo sweeper di Shinjuku a fare i conti con i propri demoni?

Di certo, i fan della saga apprezzeranno questo approfondimento sul passato del protagonista, raccontato nel finale del fumetto e appena sfiorato in quello della serie animata, entrambi datati 1991; nel 2025 “City Hunter” compirà 40 anni, ma nel corso del tempo, grazie al manga spin-off “Angel Heart”, che si svolge in una sorta di universo parallelo a quello della serie classica, e ai film cinematografici, i personaggi di Ryo e Kaori si sono adattati agli anni Duemila, pur mantenendo invariate le loro caratteristiche peculiari. Inutile, del resto, negare che il film strizzi l’occhio ai fan di lunga data della saga e, in generale, di Tsukasa Hōjō: tra gli omaggi già svelati, la presenza di un personaggio storico come Umibozu (Falcon) e il cameo delle tre sorelle di “Occhi di gatto”, oltre alla mitica sigla “Get Wild”, che risuonerà anche in questa pellicola.

Solo “operazione nostalgia”, dunque, o piuttosto un’occasione, anche per le generazioni più giovani, di scoprire attraverso il film un grande classico del fumetto giapponese, che ha venduto decine di milioni di copie in tutto il mondo? La bellezza del tratto realistico, pulito e lineare, del maestro Tsukasa Hōjō, unito alla sua verve narrativa tra commedia e dramma, meritano senza dubbio una riscoperta, anche in previsione del film live action che, dopo la pellicola del 1993 con Jackie Chan nel ruolo del protagonista, arriverà su Netflix il prossimo aprile.

Exit mobile version