The Bikeriders: l’utopia della libertà, in sella a una motocicletta per le strade degli States

Il film di Jeff Nichols racconta il fenomeno dei club motociclistici nell’America degli anni ‘60, tra aspirazioni libertarie e deriva criminale; nel cast Austin Butler, Tom Hardy e Jody Comer

Tom Hardy e Austin Butler in “The Bikeriders”

Tom Hardy e Austin Butler in “The Bikeriders”

È la ricerca della libertà, nella sua accezione più cruda e poetica, il tema principale di “The Bikeriders”, il nuovo film di Jeff Nichols in uscita nelle sale il 19 giugno: una suggestiva fotografia del Midwest americano alla fine degli anni Sessanta fa da sfondo alla vicenda, che racconta dunque di uno stile di vita “disperatamente romantico” e di un’epoca ammantata di leggenda.

La parola “fotografia” non è casuale perché la sceneggiatura del film, firmata dallo stesso Nichols, è ispirata al photobook omonimo del fotografo Danny Lyon, 48 scatti in bianco e nero che tratteggiano la storia dell’Outlaws Motorcycle Club di Chicago, accompagnati da una serie di interviste realizzate ai suoi componenti tra il 1963 e il 1967, periodo in cui lo stesso Lyon faceva parte del Club. Il valore del libro, che ha fissato su carta la realtà di un gruppo di uomini protagonisti della propria personale rivoluzione in sella a delle iconiche motociclette, è inestimabile e fin dalla sua pubblicazione, nel 1968, ha contribuito a definire il ruolo del motociclista al cinema, inteso come eroe -o antieroe– ai margini della società; si pensi, per esempio, a “Easy Rider” di Dennis Hopper, del 1969.

È facile intuire che il film racconti un mondo prevalentemente maschile, ma, d’altra parte, la voce narrante è quella di una donna, Kathy (Jodie Comer), a cui l’incontro casuale con Benny (Austin Butler) cambia la vita per sempre; Benny è infatti il nuovo membro del club motociclistico dei Vandals, guidato da Johnny (Tom Hardy), e l’appartenenza a questo gruppo implica una fedeltà che ben presto entra in contrasto con l’amore che Kathy prova per lui.

Anche Johnny, infatti, si affeziona all’ultimo arrivato, in cui rivede se stesso più giovane e libero da responsabilità; il fondatore dei Vandals è un uomo vessato dai doveri, ha moglie e figli da mantenere e un lavoro da svolgere -quello del camionista- che lo intrappola, lo trattiene nella prigione di una realtà da cui solo la motocicletta -moderno destriero per un nuovo genere di cavaliere- sembra in grado di farlo evadere.

Se l’anelito alla libertà rappresenta il valore fondante del gruppo, la fratellanza tra i suoi membri ne rappresenta un altro irrinunciabile pilastro: Zipco (Michael Shannon), Funny Sonny (Norman Reedus) e Danny (Mike Faist) sono solo alcuni tra gli appartenenti a questa famiglia, nata per accogliere degli uomini ai margini della società; tuttavia, quella stessa società da cui rifuggono, è prossima a degli sconvolgimenti politici, economici e culturali epocali e se all’inizio della loro storia i Vandals altro non sono che un punto d’approdo quasi naturale per degli “outsider della vita”, col tempo nuove idee si infiltrano tra le loro fila, portandoli verso una deriva violenta, che rischia di avere conseguenze irreparabili.

Benny, a cui Austin Butler è capace di conferire il carisma ruvido di Marlon Brando -motociclista ne “Il selvaggio” di László Benedek- e il fascino maledetto di James Dean, finisce così per trovarsi tra due fuochi, la fedeltà ai Vandals, che stanno tuttavia tradendo i propri principi e perdendo l’ingenuità originaria, e l’amore per Kathy, a cui spetta il compito di scalfire un mondo di uomini incapaci di esprimere i propri sentimenti, le proprie paure e speranze.

Se, da una parte, la seduzione del “bello e dannato” appare comprensibile e, visti gli anni in cui è ambientata la vicenda, corretta per il contesto narrato, risulta d’altro canto interessante indagare la protagonista femminile del film, divisa tra l’amore e la necessità di raccontare la realtà, senza peraltro farsi carico del ruolo, francamente stereotipato e ormai superato, della compagna saggia, dolce e accogliente che riporta l’eroe solitario, bramoso di libertà e avventura, a più miti consigli.

“The Bikeriders” è il frutto di un progetto a cui il regista Nichols ha lavorato per oltre 10 anni e che conferma la sua predilezione per personaggi maschili borderline e realtà sociali complesse -come in “Mud”, con protagonista uno straordinario Matthew McConaughey; tra i film che, senza dubbio, hanno ispirato Nichols è impossibile non citare “Quei bravi ragazzi” di Martin Scorsese, di cui ricalca il paradigma, soprattutto nel racconto duro e malinconico di un’innocenza perduta, in cui i protagonisti della storia, quasi degli idealisti sui generis, perseguono la libertà fino alle più estreme conseguenze. Quale sia il destino dei Bikeriders raccontati da Nichols, forse, resterà un segreto celato tra le loro rombanti motociclette e le strade del Midwest.

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