“Nuraghes”, il fantasy made in Sardinia diretto da Mauro Aragoni

Si chiama Nuraghes S’Arena, e dentro ci trovi la Sardegna. Quella arcaica, quella dei riti – anche scomodi – e dei guerrieri valorosi e tipicamente orgogliosi. Scritto e diretto da Mauro Aragoni, Nuraghes S’Arena si muove tra ambientazioni fantasy e horror, riportandoci indietro nel tempo all’Età del Bronzo, laddove le prime civiltà vissute realmente in terra sarda lasciavano le prime tracce di storia. Una storia che tutt’ora possiamo ammirare nell’entroterra e nelle coste dorate della nostra isola, e che nel film è diventata il contesto ideale di una narrazione che fonde tradizione e contemporaneità. Due termini da ricordare.

Tradizione perché all’interno riecheggiano le leggende dell’Isola, che ci riportano al periodo nuragico e alle sue strutture imponenti, e al mito dei bronzetti, i cui costumi vengono sapientemente ricostruiti nel film per vestire i protagonisti.

Contemporaneità perché pur trattandosi di un film con un contesto storico ben identificabile, ne ribalta la fisionomia inserendo intrecci visivi tipici del genere fantasy moderno, che ha fatto la fortuna di Tv series come “Games of Thrones”, e film come “II Signore degli Anelli”, la saga per eccellenza che ha scritto la storia della high fantasy (allargando, ovviamente, le nostre vedute).

Entrando nel dettaglio, la visionaria trama ruota attorno alla storia di Arduè, giovane che si ribella alla consueta pratica del geronticidio, un rito macabro che prevedeva la sistematica uccisione dell’anziano padre da parte del figlio maggiore una volta raggiunta l’età fatidica dei settant’anni. Lo sfortunato padre veniva gettato in un dirupo dopo essere stato barbaramente picchiato e forzatamente deriso: tutto ciò veniva fatto in segno di un ricambio generazionale che doveva obbligatoriamente compiersi. Il famoso termine riso sardonico, così si dice, nacque tra le pieghe del ghigno malefico scavato sul volto dell’assassino. Un sorriso beffardo, che nascondeva la profonda tristezza celata dietro un gesto così crudo e disumano. Ecco di cosa si priva il guerriero Arduè. Una scelta difficile, che attirerà le ire dei suoi vecchi compagni di avventure, che renderanno la vita del giovane piuttosto movimentata e battagliera. Ma Arduè è anche e soprattutto un’anima tormentata, che tenterà di vendicare la morte della giovane figlia, uccisa barbaramente. L’occasione si presenterà in un torneo senza esclusione di colpi, in cui compariranno asce e spade sporche di sangue.

Mauro Aragoni, dopo le fatiche di “Quella sporca sacca nera”, serie western dai contorni oscuri, getta le basi per un prossimo lungometraggio, rilasciando, lo scorso gennaio, questo short movie, che attraverso gli spettacolari teaser e trailer aveva già attirato l’attenzione di molti appassionati mesi prima, anche grazie alla partecipazione del noto rapper olbiese Salmo, che veste i panni proprio del mitico Arduè. Una posizione consapevole quella di scegliere il cantante per il ruolo da protagonista: eclettico e talentuoso, il rapper sardo non sfigura nella parte del guerriero silenzioso. Il viso spigoloso si presta alla psicologia dell’uomo vissuto e tormentato. Ma non è solo Salmo a spiccare nel cast: Ally McClelland, nelle vesti del Maestro Bachis è un personaggio centrale del film, così come Ischidos, il mercenario interpretato da Michael Segal.

Non possiamo dirlo con certezza ma, sarà la fotografia, resa magica dalla bellezza delle ambientazioni, o sarà l’alone misterioso che da sempre contraddistingue la storia di matrice isolana, eppure il mini-film si candida già come una delle più grosse sorprese del cinema indipendente italiano nel 2017, ottenendo un hype che solo produzioni ben più costose raggiungono. Dopo una stentorea e prolungata ricerca di fondi, i frutti di questa affascinante idea maturano succosi. Finora in pochi si erano cimentati nell’idea di costruire una storia di fantasia attorno al glorioso passato dei miti sardi, ora Mauro Aragoni ci sta provando, ma è solo il primo passo. Il risultato ottenuto finora è andato ben oltre le aspettative, e non mancherà di suscitare ancora emozioni e pensieri contrastanti, così come capita a qualsiasi opera di un certo valore artistico.

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