La Sirenetta di Walt Disney: storia di una piccola ribelle che canta la propria libertà

Dopo mesi di polemiche, il live action dell’amato film d’animazione arriva nelle sale italiane il 24 maggio; nel cast Halle Bailey, Javier Bardem e Melissa McCarthy

Ariel (Halle Bailey) ed Eric (Jonah Hauer-King), “La Sirenetta”. 📷 ©Disney

Ariel (Halle Bailey) ed Eric (Jonah Hauer-King), “La Sirenetta”. 📷 ©Disney

È il 1989 e al cinema le bambine e i bambini di tutto il mondo si tuffano “under the sea”, “in fondo al mar”, per ascoltare il canto di emancipazione di Ariel, protagonista del film d’animazione targato Walt Disney Animation Studio “La Sirenetta”: la graziosa figlia del re Tritone –pelle diafana, occhi azzurri e fiammanti capelli rossi– esprime con note molto decise il suo desiderio di scoprire l’altro, il “diverso”, in questo caso rappresentato dal barbaro “essere umano” abitante delle terre emerse, affermando così, tra un acuto e l’altro, la propria volontà di autodeterminarsi.

Nonostante le intimidazioni di suo padre, Ariel non si lascia condizionare dai pregiudizi sui terrestri e, in parte spinta dalla curiosità, in parte ottenebrata dall’innamoramento pressoché istantaneo per il principe dagli occhi cerulei Eric, salvato da un naufragio, decide di scambiare squame e coda con un paio di gambe che le permettano di esplorare il mondo oltre la superficie del mare. La trasformazione ha però un costo, da pagarsi alla pericolosa strega del mare Ursula: Ariel viene privata della voce, lo strumento che non solo le permetterebbe di farsi riconoscere da Eric, ma anche quello con cui ha sempre affermato il suo dirompente desiderio di libertà.

Il film, con la regia di John Musker e Ron Clements e le musiche di Alan Menken -vincitore del Premio Oscar nelle categorie Miglior Colonna Sonora e Miglior Canzone, “Under the Sea”, nel 1990, insieme al paroliere Howard Ashman– è un successo clamoroso di pubblico e critica, capace di dare il via a quel “Rinascimento Disney” che porterà alla realizzazione di titoli quali “La Bella e la Bestia” e “Il Re Leone”. Fin da questa trasposizione della fiaba omonima di Hans Christian Andersen, pubblicata nel 1837 e caratterizzata da toni ben più drammatici, la sirenetta ha rappresentato dunque una giovane ribelle, capace di spezzare le catene del pregiudizio e della diffidenza: non stupisce dunque che Ariel sia destinata ancora una volta a mutare la narrazione dei personaggi femminili targati Disney, in una versione live action dal budget multimilionario, che nel 2021 ha visto la produzione soggiornare per due mesi in Sardegna e girare tra le spiagge e i panorami mozzafiato di Castelsardo, Santa Teresa di Gallura, Aglientu e Golfo Aranci.

Il film, in uscita nelle sale italiane il 24 maggio con la regia di Rob Marshall, si inserisce sulla scia delle trasposizioni “dal vivo” dei classici animati Disney inaugurata nel 2010 da “Alice in Wonderland” di Tim Burton, ma in nessun caso il pubblico, ben prima dell’uscita al cinema, si è espresso con la stessa acredine riservata a “La Sirenetta”: fin dallo svelamento del cast, infatti, il nuovo live action è stato oggetto di polemiche sui social media, nonostante la trama ufficiale confermi l’aderenza alla pellicola animata, con una protagonista desiderosa di sfuggire al controllo di suo padre, il re Tritone (Javier Bardem), e di conquistare il cuore dell’adorato principe terrestre Eric (Jonah Hauer-King), grazie a un pericoloso patto con la strega Ursula (Melissa McCarthy) e all’aiuto dei fidati amici Flounder (Jacob Tremblay), Sebastian (Daveed Diggs) e Scuttle (Awkwafina).

La prima, più grave ragione di contestazione del film riguarda proprio la scelta dell’attrice e cantante statunitense Halle Bailey per il ruolo di Ariel: la pelle ambrata e le trecce afro di questa giovane stella dello spettacolo hanno suscitato un vespaio di polemiche, rimbalzate in rete con l’hashtag #notmyAriel, a indicare una presunta mancanza di aderenza al personaggio originale; stessa sorte è toccata alle sorelle della sirenetta, interpretate da attrici di etnie differenti e per questa ragione oggetto di critiche. La battaglia per l’inclusività, a cui la Walt Disney Company ha aderito da tempo, sembra possedere numerosi detrattori, che denunciano rabbiosi la tendenza al blackwashing -fenomeno per cui verrebbero attribuite ad attori/attrici di colore ruoli che storicamente non dovrebbero appartenere loro, con finalità politiche- e a un politically correct forzato, critiche queste che risultano tanto più infondate in quanto relative a un prodotto di fantasia, non a un fatto storico o a personaggi realmente esistiti.

La musica, che tanta importanza ricopre nelle pellicole targate Disney, non è stata risparmiata dalle polemiche: anche per la versione live action, Alan Menken e Howard Ashman sono tornati a far cantare la sirenetta, con la collaborazione di Lin-Manuel Miranda -già autore della colonna sonora di “Encanto”-, ma le annunciate modifiche di alcuni brani hanno suscitato una nuova ondata di proteste: “La canzone di Ursula”, che invita Ariel a tacere per essere più gradita agli uomini, e “Baciala”, in cui Sebastian esorta Eric a baciare la protagonista senza esitare troppo, sono state adeguate, in alcuni passaggi, alle mutata attenzione in fatto di stereotipi legati all’identità sessuale e di consenso a determinati approcci, considerati “normali” fino a non molto tempo fa, ma in parte frutto di una cultura patriarcale.

Manca ormai poco al debutto della nuova Ariel, tra gli eventi più attesi del centenario della Walt Disney Company, e dopo la première negli Stati Uniti le recensioni dei giornalisti, per quanto sommarie, concordano nel giudicare positivamente la pellicola: che la sirenetta sia destinata, proprio come nel 1989, a superare nuovi stereotipi e a unire bambine e bambini di culture diverse con la forza del suo canto?

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