“Alien: Romulus”: dallo spazio profondo torna al cinema la minaccia degli alieni xenomorfi

La saga di “Alien”, nata 45 anni fa, si arricchisce di un nuovo capitolo, firmato da Fede Álvarez; nel cast Cailee Spaeny e David Jonsson

Alien: Romulus. 📷 © Disney

📷 © Disney

È forse la saga horror-fantascientifica più famosa del mondo del cinema e ha avuto inizio con l’ormai iconico “Alien” di Ridley Scott: correva l’anno 1979 e per la prima volta facevano la loro apparizione sul grande schermo il tenente Ellen Ripley, interpretata da Sigourney Weaver -al suo primo ruolo da protagonista, con un personaggio femminile per i tempi rivoluzionario- e la sua nemesi, l’inquietante alieno xenomorfo che ha provocato più di un incubo a generazioni di spettatori.

Da allora sono trascorsi 45 anni, durante i quali sono stati prodotti 3 sequel, 2 prequel e diversi crossover con la saga di un altro famoso alieno cinematografico, quella di “Predator”; non sembra essersi esaurita, tuttavia, la voglia di raccontare l’epopea degli xenomorfi, così come quella, per il pubblico, di sobbalzare per l’apparizione improvvisa di queste implacabili creature sugli schermi: a partire dal 14 agosto, infatti, arriva nelle sale italiane “Alien: Romulus”, settimo capitolo della saga con la regia di Fede Álvarez.

Il film può essere definito come un “midquel”, un capitolo “di mezzo” che cronologicamente si colloca tra il primo episodio del 1979 e il suo seguito -altro blockbuster amatissimo- “Aliens – Scontro finale” di James Cameron, uscito nel 1986; pur facendo riferimento allo stesso universo narrativo, però, “Romulus” non è direttamente collegato ai primi capitoli della saga e si pone quindi come una narrazione indipendente e, di fatto, un nuovo inizio, che mira a far appassionare all’eterna lotta tra esseri umani e xenomorfi un pubblico ancor più ampio, oltre ai fan della prima ora, anche grazie a un cast di giovani attori molto promettenti.

Al centro della trama c’è un gruppo di coloni terrestri, decisi ad abbandonare definitivamente il pianeta in decadenza in cui si sono stabiliti; nella speranza di trovare alcuni pezzi utili alla loro nave, Rain Carradine (Cailee Spaeny), suo fratello Andy (David Jonsson), Kay (Isabela Merced), Navarro (Aileen Wu), Tyler (Archie Renaux) e Bjorn (Spike Fearn) si introducono nel relitto della stazione spaziale Romulus e cominciano a depredarla, senza curarsi troppo delle sue origini o di eventuali minacce presenti all’interno. Ben presto, il gruppo capisce di essere incappato in una trappola e si ritrova a dover lottare per la vita con delle creature spaventose oltre che letali; si tratta, ovviamente, degli xenomorfi, che sembrano non lasciare scampo alla squadra e che, fin dal trailer, sfoderano a profusione le loro peculiari e ben note caratteristiche da “facehuggers”, prima fra tutte proprio la stretta mortale al volto della preda, primo atto di conquista di una specie aliena parassita che, “abbracciando” la sua vittima, la feconda utilizzandola come un’incubatrice.

Com’è tradizione per questo genere di film, con il passare dei minuti il numero dei componenti della squadra protagonista si assottiglia, coinvolgendo gli spettatori nel gioco avvincente, oltre che macabro, di scoprire chi riuscirà ad arrivare vivo alla fine dell’incubo e del film; nella vicenda, riveste inoltre grande importanza il rapporto tra i fratelli Rain e Andy, anche in considerazione del fatto che quest’ultimo è un “synth”, un “sintetico”, e che nella saga di “Alien” gli androidi hanno sempre avuto un ruolo centrale, come Ash, interpretato da Ian Holm, Bishop, a cui ha prestato il volto Lance Henriksen, e David, un ispirato Michael Fassbender.

Pur restando fedele all’immaginario dei film originali, dunque, il regista Fede Álvarez ha voluto reinterpretarlo, in parte indagando in modo originale le dinamiche tra i personaggi principali, in parte proponendo al pubblico alcune caratteristiche canoniche della specie aliena attraverso una nuova prospettiva. È il caso, per esempio, della celebre scena del “chestburster”, ovvero della nascita dell’alieno dal petto del malcapitato ospite, realizzata in “Romulus” con l’approccio scientifico e dettagliato di un documentario sulla natura: “Sarà più realistico dell’originale” ha dichiarato Álvarez, “Tuttavia, non tradirà la potenza di quella sequenza che ha fatto la storia del cinema”.

Tra il dovuto rispetto per la saga originaria –“Romulus” è prodotto dallo stesso Ridley Scott- e il desiderio di un rinnovamento di qualità, soprattutto dopo alcuni capitoli meno azzeccati, la pellicola di Álvarez intende dare nuova linfa a un universo narrativo che nel 2025 si arricchirà anche della serie “Alien: Earth”, guidata dallo showrunner Noah Hawley, con Sidney Chandler, Timothy Olifant e Alex Lawther nel cast; si tratterà, così è emerso dalle prime anticipazioni sul progetto, di un prequel ambientato sulla Terra 30 anni prima dei fatti raccontati nel film del 1979. Non stupisce che, in pieno spirito di rinnovamento, sia proprio una serie a raccontare l’inizio di un’epopea che ancora oggi è capace di incarnare, al cinema, la nostra più recondita paura dell’ignoto e del diverso.

Exit mobile version