Famiglia, proprietà, libertà: con “1923” si torna alle origini di “Yellowstone”

L’epopea della famiglia Dutton si arricchisce di un nuovo capitolo, nella serie prequel del pluripremiato show con protagonista Kevin Costner; nel cast Harrison Ford e Helen Mirren

Harrison Ford e Helen Mirren in 1923. ? James Minchin III/Paramount+

Harrison Ford e Helen Mirren in 1923. ? James Minchin III/Paramount+

Negli Stati Uniti la serie in 8 episodi “1923” è andata in onda lo scorso dicembre su Paramount+ e a tutt’oggi risulta lo show più visto della piattaforma streaming, tanto che è già stata annunciata una seconda stagione; la notizia è rimbalzata sui media proprio in questi giorni e in Italia ha contribuito ad accrescere l’attesa per il rilascio di questo nuovo capitolo della storia della famiglia Dutton, previsto a partire dal 12 febbraio proprio su Paramount+.

Prequel della pluripremiata serie “Yellowstone”, che dal 2018 racconta le vicende del granitico John Dutton III (Kevin Costner), proprietario dell’immenso Yellowstone Ranch nel Montana, “1923” è anche il sequel di “1883”, altra miniserie in cui si narra come, dopo la Guerra di Secessione, il capostipite dei Dutton, John (Tim McGraw), e sua moglie Margaret (Faith Hill) abbiano acquisito i possedimenti terrieri che apparterranno alla loro famiglia per generazioni, partendo dal Tennessee e unendosi a una carovana di immigrati europei in cerca di fortuna verso la nuova frontiera americana, l’Ovest apparentemente disabitato, a eccezione dei nativi americani depredati delle loro terre e vittime di cruente persecuzioni.

Quarant’anni dopo, nel 1923 appunto, l’America, che ancora risente degli strascichi del primo conflitto mondiale, si prepara a vivere una serie di cambiamenti epocali, che si riverberano pesantemente anche nello Yellowstone Ranch, gestito da Jacob Dutton (Harrison Ford) e sua moglie Cara (Helen Mirren); la coppia non ha avuto figli, ma ha adottato i nipoti John (James Badge Dale) e Spencer (Brandon Sklenar), che partecipano alla gestione del ranch con il contributo del più giovane dei Dutton, Jack (Darren Mann), primogenito di John.

La famiglia deve fronteggiare una serie di difficoltà: il Proibizionismo ingrossa le fila della criminalità organizzata, mentre la meccanizzazione irrompe nella gestione di allevamenti e coltivazioni. Come se non bastasse, le terre del Montana sono flagellate dalla siccità e dall’invasione delle locuste, che danneggiano irrimediabilmente i raccolti e decimano il bestiame, anticipando la crisi economica che ben presto investirà gli Stati Uniti e che darà inizio, con il crollo di Wall Street del 1929, a quel periodo della storia conosciuto come Grande Depressione; per i Dutton, dunque, non sarà facile mantenere il controllo dei loro vasti possedimenti, anche in virtù della rivalità con la vicina comunità irlandese, dedita alla pastorizia.

La serie “Yellowstone”, ormai giunta alla 5ª edizione e premiata con numerosi riconoscimenti internazionali -l’ultimo in ordine di tempo è il Golden Globe come miglior attore protagonista in una serie drammatica a Kevin Costner- è stata giustamente definita “neo-western” per la capacità di reinterpretare i canoni del genere adattandoli alla contemporaneità, ma anche “1923”, pur essendo ambientata in un’epoca più vicina a quella dei classici racconti del West, si inserisce a pieno titolo nel solco di questa originale rivisitazione delle epopee di frontiera, grazie al lavoro di scrittura di Taylor Sheridan, ideatore dell’universo narrativo di “Yellowstone”. Lo showrunner, che ha iniziato la sua carriera come attore in serie quali “Walker Texas Ranger” e “La signora del West”, raggiunge il successo come sceneggiatore scrivendo per Denis Villeneuve lo script del film “Sicario”, seguito dalla collaborazione con Stefano Sollima per “Soldado”; con “I segreti di Wind River”, di cui è anche regista, ottiene la sua prima candidatura agli Oscar per la miglior sceneggiatura originale. Non a caso, dunque, Sheridan è stato definito un “narratore di frontiera”, capace di raccontare l’evoluzione di quei valori tradizionali che ancora segnano profondamente una parte della società americana; i fondamenti su cui si basa il credo dei Dutton, “famiglia”, “proprietà”, “libertà”, ben sintetizzano il retaggio culturale che sottende alle azioni dei protagonisti, senza peraltro giustificarle: nella lotta per la sopravvivenza, che tanto efficacemente viene narrata in queste serie, non c’è condanna o assoluzione per i personaggi.

La scrittura di Sheridan non cede infatti alla retorica, è cruda e schietta, come i personaggi che tratteggia; si contano pochi eroi, nella saga dei Dutton, e tuttavia uno degli ingredienti principali del successo di questo universo narrativo sta proprio nelle imperfezioni dei suoi protagonisti; paradigmatici, in questo senso, sono soprattutto gli uomini della famiglia Dutton, ma lo sceneggiatore dello show si distingue anche per la grande acutezza con cui tratteggia le donne, matriarche dal carattere d’acciaio e figlie ribelli, capaci di lottare con determinazione per raggiungere i propri obbiettivi, come la fiera Cara Dutton di “1923” o a la volitiva Beth Dutton (Kelly Reilly) della serie madre “Yellowstone”.

Oltre ai vari prequel, che hanno il pregio di raccontare con accuratezza alcuni momenti particolarmente significativi della storia americana, approfondendone le implicazioni (si pensi al tema dell’evangelizzazione dei nativi e del conseguente annientamento della loro cultura), ben presto il mondo neo-western creato da Sheridan si arricchirà di due spin-off: la serie “6666”, ambientata in Texas ai nostri giorni, racconterà le vicende del Four Sixes Ranch, già noto al pubblico di “Yellowstone”, mentre “1883: The Bass Reeves Story” racconterà le vicende di Bass Reeves, il primo Deputy Marshal -funzionario di polizia federale- di colore del West.

Il fascino della conquista dell’ovest, dunque, sembra ben lontano dall’esaurirsi, pur tra le infinite ombre che caratterizzano questo mito americano, tra avventura e riscatto sociale, razzismo e genocidio: poco importa che, nel 21° secolo, i cowboy cavalchino, preferibilmente, sulle grandi pianure delle piattaforme streaming.

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