Bastano i pochi minuti del trailer, per capire che non può esserci un momento più opportuno di quello attuale per l’uscita nelle sale cinematografiche del film “Anna”, diretto da Marco Amenta.
La pellicola racconta infatti una storia di resistenza, ambientata in un angolo incontaminato della Sardegna che rischia di essere violato dalla speculazione edilizia; fuori dal grande schermo, d’altra parte, si rincorrono ormai da settimane notizie inquietanti riguardo l’installazione di vasti impianti fotovoltaici e eolici nell’isola, con un impatto ambientale che si profila devastante: accade così che il cinema si sovrapponga alla realtà, come portatore di consapevolezza per il presente e fonte d’ispirazione per il futuro.
Sono queste, non a caso, alcune delle considerazioni emerse dalla conversazione con l’attore sassarese Daniele Monachella, che da anni -dopo essersi formato in alcune tra le migliori scuole di recitazione in Italia e all’estero- si divide tra teatro, cinema e televisione e che in “Anna” interpreta il villain della storia, l’avvocato Rossini; parlandoci del film, Monachella si è augurato possa portare una positiva ventata di ribellione rispetto all’idea, fin troppo radicata nella storia dell’isola, della Sardegna come terra di conquista.
Nella finzione cinematografica, dunque, Anna (Rose Aste) è una donna libera, che vive secondo i propri ritmi e desideri e gestisce con amore la fattoria ereditata dal padre, ma quando una multinazionale italo-belga minaccia di depredare le terre a cui ha consacrato la vita, con l’obbiettivo di costruire un resort di lusso, la sua battaglia contro la speculazione edilizia si fa portatrice di significati che si svelano via via più profondi e stratificati.
Basato su reali fatti di cronaca, che hanno ispirato il soggetto scritto dallo stesso Amenta con la collaborazione di Niccolò Stazzi, il film mette al centro della storia una protagonista tesa tra molteplici contraddizioni interiori: “Pur essendo lacerata dalle ombre del suo passato, Anna è capace di creare una luce, nella sua battaglia contro un mondo maschile fatto di burocrazia e denaro”, ci ha raccontato Monachella; “La forza che Anna sprigiona è la stessa di una detonazione: alle esplosioni, che vengono utilizzate per sbancare la terra, lei contrappone la propria volontà, nutrita dalla stessa terra che difende e in cui troverà le risorse per combattere”.
Aspra e indomita, come i paesaggi dell’isola a cui appartiene, Anna deve infatti superare la diffidenza nei confronti del mondo circostante, che l’ha tradita e ferita, e trovare nella coesione, nell’appoggio di coloro che tiene lontani, la strada per difendersi e superare i traumi del proprio passato: gradualmente, nella narrazione, la sovrapposizione tra la terra e la figura femminile che ne è la custode si fa più evidente -la “muliebrità della terra”, così la definisce Monachella- e il corpo della donna, come racconta quasi quotidianamente la cronaca, si svela anch’esso -ancora una volta e con dolore- terra di conquista.
Ad affiancare Anna nella lotta è Ruggero (Marco Zucca), tenace avvocato che in aula, in fase processuale, si scontra proprio con l’indisponente collega Rossini: “Sono un cattivo per conto terzi”, scherza Monachella. “Faccio da intermediario per la multinazionale e interpreto un personaggio lontano dalle mie corde, ma l’essere uscito dalla zona di comfort è stato molto stimolante”. Risulta evidente, nella narrazione, il contrasto tra questi personaggi, Ruggero, con una fisicità e dei modi misurati, e Rossini, che invece appare prepotente fin dal suo incedere; “La squadra di attori con cui ho lavorato è stata meravigliosa, con un’attitudine alla generosità che auspico sempre di trovare nei colleghi”, ha raccontato ancora Monachella. “Nelle scene del dibattito processuale, per esempio, eravamo pienamente in ascolto l’uno dell’altro: nei diversi piani sequenza ho trovato in Rose Aste e Marco Zucca concentrazione e generosità”.
Nel film, anche la lingua riveste un ruolo importante; nonostante il regista Amenta, infatti, non sia sardofono, i vari personaggi si esprimono con le proprie inflessioni -molto presente, in particolare, l’intercalare campidanese-, che conferiscono maggiore veridicità e credibilità al racconto; di certo Amenta, siciliano di nascita e già narratore, nelle sue precedenti opere, della propria isola, conosce bene il valore della lingua d’origine -qualcuno, sbagliando, lo definirebbe dialetto- spesso riservata all’intimità dei rapporti familiari o all’espressione più autentica dei propri stati d’animo. Non è un caso, del resto, che proprio l’avvocato Rossini abbia una dizione pulita, senza inflessioni.
“Anna” arriva nelle sale della Sardegna a partire dal 6 giugno e sarà disponibile nel resto d’Italia dalla settimana successiva, il 13 giugno; il suo viaggio, tuttavia, è iniziato lo scorso settembre, con la proiezione alle Giornate degli Autori alla Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia: “È stata una festa, un’emozione indescrivibile”, ha ricordato Monachella. “Inoltre, sono felice che un film girato in Sardegna, che esprime messaggi così universali, sia adeguatamente distribuito a livello nazionale, grazie a Fandango, e abbia la possibilità di girare per i festival e conquistare dei premi, come già accaduto”.
Di certo, “Anna” è la dimostrazione di quali siano le potenzialità della Sardegna dal punto di vista cinematografico, non solo per i suoi magnifici scenari naturali; negli anni le maestranze sarde si sono specializzate sempre di più, con una crescita in tutti i comparti, artistici e tecnici: “Il cinema sardo è vivo e fertile, ma occorre lavorare ancora sulla coesione, uscire dall’idea del coltivare ciascuno il proprio piccolo orto”, afferma Monachella. “Certo, poi c’è la burocrazia: in questo senso devono essere le istituzioni, in primis, a valorizzare il cinema sardo”.
Che “Anna”, con l’amore per la sua terra e la forza delle sue convinzioni, possa contribuire alla realizzazione di questo obiettivo e, al contempo, essere l’eroina di cui la Sardegna ha bisogno, per ribellarsi al destino -quasi segnato- di terra da depredare?