Da domani a Cagliari la mostra fotografica di Stefano Ferrigno “L’Abbandono – Immagini di Degrado Urbano tra Passato e Surreale”

Il May Mask di Cagliari riapre le porte giovedì 9 luglio 2020 con la mostra fotografica di Stefano Ferrigno “L’Abbandono – Immagini di Degrado Urbano tra Passato e Surreale”. Stefano Ferrigno ha donato la collezione, il ricavato della vendita di stampe e pannelli verrà interamente devoluto all’associazione.

Durante l’inaugurazione della mostra, alle ore 19:00, sarà possibile assistere alla performance “On the Weaving of Hypertext” – performance n. 6 – La Filatura di e con GDF (aka Giacomo Della Maria) e f* (Stella Sesto. GDM e f* presentano la sesta fase di un percorso che inizia nel 2016 dal lavoro degli artisti GDM e Van Tin, i quali si propongono di esplorare le fasi, metaforicamente tradotte, di cardatura, filatura e tessitura in relazione al suono e al gesto. L’elemento chiave di questa nuova performance sono i fili di rame all’interno di un cavo elettrico, a rappresentare la fibra tessile, che verranno estratti da GDM con l’uso di utensili, e tesi tra un gancio appeso al soffitto (o ad un albero nel caso il luogo della performance lo permettesse) ed una struttura lignea posata a terra. Dai fili tesi si otterranno dei rocchetti che verranno poi tagliati per essere lasciati cadere a terra. I suoni di questa serie di azioni ripetitive verranno catturati grazie all’uso di microfoni a contatto, processati attraverso una serie di effetti per chitarra elettrica, e manipolati dal vivo da f* in chiave rumoristica. La sonorizzazione, data la quasi totale imprevedibilità della sorgente, si affiderà alla scoperta e all’utilizzo dei suoni emessi in tempo reale. La performance andrà in scena due volte, alle 20:00 e alle 21:00 e durerà circa 30 minuti circa. L’ingresso è libero, è consigliata la prenotazione.

Stefano Ferrigno si racconta: nato a Cagliari nella metà degli anni ’70, ingegnere, grande appassionato di meccanica e musica, da sempre vedo nella fotografia il principale mezzo di espressione visuale e sensoriale.
La mia prima fotocamera è stata una rudimentale Smena Symbol regalatami da mio fratello, con la quale inconsapevolmente realizzai quelli che oggi sarebbero degli ottimi scatti lomografici (ma che al tempo finirono per lo più nella spazzatura). Avevo 12 anni: da allora ho coltivato quest’interesse continuativamente ma senza particolare dedizione, dato che per tanti anni la fotografia è rimasta solo un sogno. Finché nel 2000 ho acquistato la mia prima fotocamera digitale (una Canon) e da allora é stata rivoluzione .In questo mondo ormai impazzito nella rincorsa dell’ultima tecnologia, ho maturato negli ultimi anni una sorta di rifiuto nei confronti della fotografia così come oggi ci viene proposta, inflazionata, maltrattata e svilita da automatismi e megapixel, riesumando anche il vecchio amore per la pellicola, ma soprattutto per la sperimentazione su corpi digitali di vecchie ottiche intrise di storia. Attualmente utilizzo principalmente fotocamere a telemetro Leica M digitali e mirrorless Canon con ottiche superluminose possibilmente in luce naturale, alla ricerca della minima profondità di campo e della maggiore capacità evocativa dell’immagine. Poi c’è la passione per la macrofotografia e per la foto architettonica; oltre ovviamente a numerosi altri fantastici strumenti di percezione e cattura della realtà.

L’Abbandono è un progetto di ormai dieci anni fa: di quando cioè mi divertivo a girare per luoghi abbandonati ed a coglierne lo spirito ed il ricordo, sopraffatto dal trascorrere dal tempo e dal lento riappropriarsi della natura di ciò che le era stato sottratto.
L’archeologia industriale e il cosiddetto “urbex” negli anni a seguire hanno preso piede in maniera esponenziale e molti dopo di me hanno avuto modo di riproporre l’argomento in modo anche più dettagliato ed esteso. Ma il bello di riscoprire un lavoro di 10 anni fa è che alcuni dei luoghi raccontati oggi non esistono più o non sono più nelle stesse condizioni. Per i più curiosi a livello tecnico, data la particolare -spero- evocativa post-produzione che caratterizza questo progetto, sebbene l’impatto finale risulti molto simile ad una ripresa HDR, sono stati utilizzati più scatti a diversa esposizione solo nelle foto di ambienti molto contrastati, come ad esempio gli ambienti chiusi nei quali è ripresa una finestra sull’esterno.
Una particolarità è che l’effetto “grunge” è stato ottenuto fondendo delle texture di oggetti e superfici a loro volta fotografate nel medesimo ambiente che ritrae la foto.

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