A Quartu Sant’Elena un viaggio tra radici e tradizioni con IT.A.CÀ, il festival del turismo responsabile

Un viaggio di dieci giorni alla scoperta delle tradizioni sarde, tra antichi mestieri, enogastronomia e paesaggi mozzafiato. Dal 20 al 30 giugno, la XVI edizione del festival nazionale itinerante celebra le radici profonde che legano la comunità al suo territorio

IT.A.CA Festival del Turismo Responsabile

Parte il 20 giugno la seconda edizione della tappa sarda “Quartu Sant’Elena e Il Golfo degli Angeli” che fa parte del festival nazionale itinerante“IT.A.CA migranti e viaggiatori – Festival del Turismo Responsabile”, giunto quest’anno alla sua XVI edizione e che da maggio a novembre porta in tutta Italia eventi e appuntamenti sul turismo sostenibile e inclusivo.

Tema di questa sedicesima edizione del festival è “Radici in movimento” che ciascuna tappa declinerà a seconda dei propri territori e delle comunità. Un tema che per la tappa di Quartu Sant’Elena è particolarmente sentito in una regione come la Sardegna, da cui gli abitanti sono spesso e volentieri costretti ad allontanarsi, vuoi per studio vuoi per lavoro.

La tappa di Quartu Sant’Elena si sviluppa in dieci giorni, dal 20 al 30 giugno, ed è organizzata dall’Associazione Turistica di Quartu Sant’Elena con il patrocinio del Comune di Quartu Sant’Elena ed il contributo della Fondazione di Sardegna; include una serie di eventi che rimandano alle nostre radici, al ritorno a casa, coniugando luoghi iconici del nostro immaginario collettivo con quei mestieri, anzi vere e proprie arti, che possano aprirci qualche cassetto della memoria.

Luoghi dove tanta storia, sudore e fatica, e tanta vita, ci sono passati attraverso. La vita ed i luoghi dei nostri avi, delle generazioni che ci hanno preceduto, come l’ex Convento dei Cappuccini, Sa Dom’e Farra, le case campidanesi Olla, Su Idanu e Murgia-Casanova, l’Hotel il Monastero (che fu un’azienda agricola gestita dai Gesuiti), le Saline, il Nuraghe Diana, la Villa Romana, i fortini bellici. Ed in questi palcoscenici particolari ritrovare artigiani e maestri d’arte che ancora resistono alle omologazioni dei tempi moderni e della globalizzazione, dei veri ribelli che tramandano le nostre radici.

Sarti dei nostri antichi abiti, mastri birrai, produttori di vino, i contadini, falegnami intagliatori, dolciai, pastai, apicoltori, cestinai, falconieri, maniscalchi, salinieri, ceramisti, torronai e carapigneris sono solo alcuni dei maestri che ci ricorderanno le nostre radici.

Sarà possibile ascoltare storie di fate (le Janas) e delle loro ricette, canzoni folk tradizionali ed altre con contaminazioni jazz: un ponte fra culture diverse. Sarà possibile ammirare in un piccolo museo, vecchi strumenti di comunicazione, “l’internet” dei nostri bisnonni: le radio.

Previste inoltre camminate e pedalate nel Parco del Molentargius e attività con barche a vela, kayak e tavole da surf.

Insomma, un concentrato di grazia e bellezza cui spesso non riconosciamo il dovuto valore. Un popolo senza radici è un popolo senza identità… custodiamole.

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