SLA: in Sardegna un’incidenza tripla rispetto alla media nazionale e tra le più alte al mondo

Nonostante la prognosi infausta e la mancanza di una cura definitiva, la ricerca offre speranza con la terapia genica. Fondamentale è l'approccio multidisciplinare che coinvolge diverse figure professionali e il sostegno delle associazioni di mutuo aiuto

📷 Depositphotos

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La Sardegna è tra le regioni più colpite al mondo dalla SLA, la Sclerosi Laterale Amiotrofica, una malattia neurodegenerativa che nell’isola interessa circa 300 persone. Si manifesta con paralisi e atrofia muscolare degli arti e provoca una progressiva perdita di controllo delle più importanti attività muscolari. Colpisce particolari cellule nervose, i cosiddetti motoneuroni, i quali garantiscono funzioni diverse, come respirare, camminare, deglutire, parlare e impugnare gli oggetti.

«In Sardegna 18 persone su 100mila abitanti sono affette da SLA – spiega dottor Giuseppe Borghero, neurologo del Policlinico Duilio Casula – con un’incidenza di 3,6 persone su 100.000 abitanti l’anno, con differenze intraregionali. Ciò deriva in parte dalla predisposizione genetica, evidenziata dall’elevato numero di malati portatori di mutazioni geniche e di ricorrenza di casi familiari, in parte dal contributo di fattori ambientali. Sono interessati soprattutto i soggetti tra i 50 e gli 80 anni».

La SLA può presentarsi in maniera variabile a seconda della modalità di esordio, dall’età, dal tipo di motoneurone coinvolto e dall’associazione con altre patologie. Si tratta di una malattia a prognosi infausta. «La sopravvivenza media dall’esordio è di 2-5 anni, ma con notevoli eccezioni, perché la malattia può presentarsi con forme cliniche diverse per estensione dei disturbi e velocità di progressione – sottolinea il neurologo dell’Aou di Cagliari – la sopravvivenza può essere prolungata di anni con il supporto della nutrizione e ventilazione artificiali, ma la decisione di ricorrervi deve passare attraverso un percorso di “Pianificazione Condivisa delle Cure”».

L’assistenza alle persone affette da SLA necessita di un approccio multidisciplinare che coinvolga non solo il malato ma anche i familiari e i caregiver. La progressiva perdita dell’autonomia rende necessario programmare interventi di supporto, anche con l’impiego di tecnologie avanzate, che permettano alla persona con SLA non solo di muoversi (ausili per la mobilità), di poter comunicare sentimenti e bisogni, ma anche di garantire funzioni vitali quali la respirazione e la deglutizione.

«Non vi è al momento un trattamento efficace ad arrestare la progressione della malattia, la terapia genica è promettente – dichiara dottor Borghero – la presa in carico richiede approccio multidisciplinare continuo nel tempo e integrazione degli interventi tra ospedale (centro di riferimento), assistenza sanitaria e socio-assistenziale territoriale, anche con l’apporto delle associazioni di mutuo-aiuto».

Fonte aoucagliari.it

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