Pratobello: da simbolo di resistenza a faro nella lotta contro le rinnovabili

Ripercorriamo i fatti salienti della mobilitazione avvenuta nel 1969 ad Orgosolo per scongiurare la nascita di un poligono militare e che sta ispirando la raccolta firme “Pratobello 24” contro l’invasione indiscriminata di pale eoliche e pannelli fotovoltaici

Pratobello 24. 📷 S&H Magazine

Pratobello 24. 📷 S&H Magazine

C’è un nome che riecheggia in Sardegna in questa estate 2024, un nome che rispolverando la memoria dei ricordi, dei racconti di chi già c’era o delle informazioni apprese leggendo i libri di storia, riporta indietro ad un’altra estate isolana, quella del 1969. Questo nome è Pratobello.

Pratobello è una frazione disabitata del comune di Orgosolo in cui i ruderi rimasti, in particolare una scuola e una piccola chiesa, fanno da contraltare a vaste distese boschive e pianeggianti. Eppure, questo villaggio fantasma del cuore della Barbagia è stato teatro di uno degli avvenimenti che hanno segnato più profondamente il destino dell’Isola.

Tutto cominciò ben 55 anni fa, precisamente nell’aprile del 1969. In quel periodo, ad Orgosolo iniziò a circolare la notizia che lo Stato italiano avesse l’intenzione di realizzare un poligono militare temporaneo, ma che sarebbe potuto diventare permanente, proprio nei territori di Pratobello, allora ricchi di pascoli e dunque fondamentali per la popolazione e l’economia locale.

La notizia fu confermata dalla Brigata Trieste che, il 27 maggio di quello stesso anno, fece affiggere sui muri del paese un avviso in cui si invitavano i pastori di Pratobello a trasferire altrove il proprio bestiame perché in quell’area, per due mesi, sarebbe stato allestito un poligono di tiro e di addestramento dell’Esercito Italiano, specificando che, in cambio, sarebbe stato corrisposto loro un risarcimento di 30 lire giornaliere a pecora.

Da quel momento ci fu un susseguirsi di assemblee popolari, nel corso delle quali gli orgolesi, rifiutando qualunque forma di mediazione, decisero di porre in atto una forma di resistenza non violenta e di occupare pacificamente la località di Pratobello. Era il 19 giugno 1969, primo giorno di esercitazioni.

Il giorno seguente, i mezzi della polizia sbarrarono la strada senza però riuscire a fermare i manifestanti, alcuni dei quali proseguirono a piedi mentre altri, dopo un tentativo di dialogo, spostarono addirittura di peso le camionette. Scattarono così fermi e arresti, con seicento manifestanti che furono processati per direttissima per violenza e resistenza a pubblico ufficiale.

Su richiesta di Francesco Cossiga, allora Sottosegretario di Stato al Ministero della difesa, il 23 giugno l’assemblea popolare accettò di inviare a Roma una delegazione col compito di trattare e, contro ogni pronostico, la rappresentanza di Orgosolo ottenne un risultato straordinario. Lo Stato, con un documento, si impegnò a confermare che il poligono fosse solo temporaneo e che le truppe avrebbero sgomberato alla metà di agosto, con la conseguente restituzione dei terreni ai pastori.

Fu la vittoria di un’intera comunità, ottenuta grazie all’impegno di uomini, donne e bambini di ogni ceto sociale, che lottarono insieme in nome della democrazia.

A testimonianza di quei giorni, passati alla storia come “la rivolta di Pratobello”, restano i caratteristici murales che impreziosiscono sia le mura del centro di Orgosolo che quelle di questa iconica borgata ormai abbandonata ma che continua a far parlare di sé.

Gli avvenimenti di cui è stata protagonista Pratobello sono, infatti, esempio e fonte di ispirazione per un’altra lotta che oggi vede di nuovo impegnato tutto il popolo sardo, quella contro l’invasione indiscriminata di pale eoliche e pannelli fotovoltaici che minaccia l’intera isola.

Sono purtroppo numerosi i progetti che, non curanti del devastante impatto ambientale e paesaggistico, hanno l’obiettivo di realizzare in Sardegna – già tra i maggior produttori, a livello nazionale, di energia derivante da fonti eoliche – parchi eolici offshore in vasti tratti di mare oltre che sulla terraferma, con l’installazione di centinaia di aerogeneratori alti quanto grattacieli addirittura vicino a importantissimi siti archeologici quali nuraghi, domus de janas e tombe dei giganti.

Da qui la nascita di “Pratobello 24”, una proposta di legge di iniziativa popolare presentata il 6 giugno 2024 dal sindaco di Orgosolo, Pasquale Mereu, al fine di far giungere fino a Roma il malcontento dei sardi contro questa invasione senza precedenti e stabilire dei limiti all’installazione di questi enormi ecomostri.

Una raccolta firme che dal nord al sud dell’Isola sta incontrando la sensibilità di tutti i cittadini, compresi artisti e rappresentanti del mondo delle istituzioni e delle associazioni, e che sta andando avanti senza sosta, sia negli uffici comunali che nei banchetti itineranti allestiti nei vari comuni dai comitati per la difesa del territorio.

Dopo aver già raggiunto in pochissimo tempo le 10.000 firme richieste dallo Statuto sardo affinché la proposta di legge possa essere sottoposta al vaglio del Consiglio Regionale, la battaglia non si ferma. L’obiettivo, ambizioso, è infatti quello di raccogliere ben 50.000 firme entro la data ultima prevista, il 16 settembre 2024.

Per firmare è necessario presentarsi muniti di un documento di identità ed essere iscritti alle liste elettorali della propria regione di appartenenza, circostanza che ha spinto tanti dei numerosi turisti presenti per le vacanze estive a chiedere che la petizione sia estesa a livello nazionale, in modo da poter dare il proprio contributo alla salvaguardia di quello che anche loro considerano un vero paradiso terrestre.

Il potente strumento dell’unità di intenti, che è stata la chiave della storica mobilitazione di Pratobello, potrebbe essere, dunque, anche quello della vittoria di “Pratobello 24”, riuscendo così a preservare l’identità, la bellezza e il futuro della Sardegna.

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