Domani e domenica un duplice appuntamento con “Legger_ezza”, il progetto del CeDAC per la Promozione della Lettura

Un intenso fine settimana sotto le insegne di “Legger_ezza” / il progetto del CeDAC per la Promozione della Lettura giunto alla seconda edizione – incentrata su “Discriminazioni di genere, violenza e bullismo” con la presentazione di Caccia all’omo. Viaggio nel paese dell’omofobia– il libro-inchiesta di Simone Alliva in programma venerdì 27 novembre alle 18:30 in diretta sulla pagina Facebook del Cedac Sardegna in differita sul canale YouTube a cura di Michele Pipia, mentre domenica 29 novembre alle 18:30 spazio alla graphic novel “Nellie Bly”, ispirata alla storia di Elizabeth Jane Cochran, pioniera del giornalismo investigativo, nell’incontro con gli autori Luciana Cimino e Sergio Algozzino coordinato dal fumettista e regista Bepi Vigna.

Simone Alliva, giornalista professionista, collaboratore de L’Espresso e Esquire Italia, dopo aver descritto gli orrori della persecuzione degli omosessuali in Cecenia per HuffPost Italia (2017), in Caccia all’omo (Fandango Libri) racconta l’Italia del terzo millennio, attraverso le storie emblematiche e spesso drammatiche delle vittime di discriminazioni e persecuzioni, che attestano un inquietante aumento degli episodi di omotransfobia. Un documentato reportage su realtà apparentemente diverse ma caratterizzate da un’avversione ossessiva per orientamenti sessuali nella sfera LGBTI, in cui si fondono odio e paura, pregiudizi culturali e religiosi, con manifestazioni eclatanti di ostilità nei confronti delle persone omosessuali, bisessuali e transessuali che sfociano in casi estremi in atti di ingiustificata violenza.

Simone Alliva

Nel suo “Viaggio nel paese dell’omofobia” Simone Alliva attraversa la Penisola da Nord a Sud, Isole comprese – da Torino dove i vicini di casa organizzano una “spedizione punitiva” contro un ragazzo gay, a Roma con la morte dell’artista Nniet Brovdi, al secolo Umberto Ranieri; da Cagliari dove un 17enne è vittima di un pestaggio al grido “frocio di merda”, a Domodossola dove un’adolescente viene “curata” in quanto lesbica. Tristi cronache di un’Italia in cui le lancette degli orologi sembrano aver cominciato a girare al contrario, cancellando decenni di lotte e conquiste sul piano dei diritti umani: le manifestazioni contro le unioni civili, le tesi aberranti sugli amori “contronatura”, folle inferocite pronte a scendere in piazza “contro” la libertà, le scelte di vita e perfino le inclinazioni altrui per salvaguardare e imporre il modello della cosiddetta “famiglia tradizionale”. Un segnale forte del risveglio della società civile è arrivato ai primi di novembre, con l’approvazione alla Camera del disegno di legge che prende il nome dal relatore Alessandro Zan, contenente le norme a contrasto della violenza e delle discriminazioni per motivi legati all’omotransfobia, alla misoginia e alla disabilità – un provvedimento più che mai necessario e urgente nel clima avvelenato dei nostri giorni, per arginare gli effetti di un costante incitamento all’odio e al sospetto verso ogni forma di “diversità”.

«Caccia all’omo nasce da un’altra inchiesta pubblicata sul mio giornale (L’Espresso)» – spiega Simone Alliva -. «Dopo la pubblicazione ho girato l’Italia per parlare del fenomeno dell’omotransfobia. I dibattiti si trasformavano ogni volta in una sorta di counseling. Ognuno si alzava e raccontava la propria esperienza. Non mi era mai successo. Ovunque andassi c’era qualcuno che sentiva il bisogno di raccontare la propria storia. Ed io ascoltavo. Che poi è un po’ il dovere e il senso del nostro lavoro: mettersi in ascolto e cercare di capire le cose che stanno succedendo. È stato così che ho attraversato la vita di tantissime persone che si sentivano abbandonate, che non trovavano un posto dove raccontarsi. Ho pensato che dovevo dare loro un posto. Non poteva essere certo un altro articolo. Doveva essere un libro. E così è stato».

Il saggio-inchiesta fotografa il volto oscuro e retrogrado dell’Italia: «C’è un Paese che non ha ancora fatto i conti con la “diversità”. Forse tollera sempre di più ma certamente accetta sempre di meno. Ho analizzato il fenomeno dell’omotransfobia attraverso diverse lenti: politica, sociologica, psichiatrica, sociale. C’è un problema di cultura diffusa che non riusciamo a vedere. Ci sono i numeri che lo dimostrano di aggressioni e violenze, ma soprattutto ci sono le storie. Il risultato non è tra i più rassicuranti. Il risultato è una finestra su dove stiamo andando e non è un bel posto».

Antidoti o “terapie” contro il dilagare dell’omotransfobia? «Sicuramente la legge Zan è un viatico importante. Ma serviranno almeno vent’anni per bonificare un terreno avvelenato dal pregiudizio. Serve la cultura, naturalmente. Si parte dalle scuole e dalle famiglie. Bisogna insegnare e imparare a guardare senza gli occhiali del pregiudizio. Un lavoro difficile».

«L’omofobia è una fiamma che si muove nelle nuove generazioni e trova legittimazione negli adulti. Una staffetta con passaggio di testimone» sottolinea il giornalista calabrese, che ricorda anche l’importanza dei media e la loro influenza sulla vita quotidiana e perfino sulla percezione – corretta o distorta – della realtà. Tra gli “errori ricorrenti” «l’uso del linguaggio, quasi sempre sbagliato, volutamente sbagliato come spiego nel libro. E poi l’immagine, sempre tradita, della comunità LGBT. Le persone trans sono tutte prostitute che offendono il decoro urbano, i Pride somigliano al carnevale di Rio, le persone omosessuali vengono raccontate o in maniera patetica oppure incorniciate in una narrazione da “Mulino Bianco”. In realtà la vita vera è un’altra cosa. Ma penso che i media siano più violenti soprattutto nella narrazione che fanno verso le persone trans o non binarie. La transfobia è il problema di questo tempo e del futuro. Qualcosa che non vediamo o se vediamo non capiamo perché non abbiamo gli strumenti».

Luciana Cimino

Una domenica all’insegna della graphic novel con “Legger_ezza” 2020: Nellie Bly (Tunué) è la versione “a fumetti” della vita avventurosa di Elizabeth Jane Cochran firmata dalla giornalista Luciana Cimino (dal 2004 al 2014 a L’Unità, già collaboratrice de La Repubblica, Ecoradio, RaiNotte, Articolo21, Epolis, Micromega, La27ora di Corriere.it e redattrice de “I Nuovi mille” di Giovanni Minoli su RaiDue, fa parte dello staff comunicazione del Festival di Giornalismo Internazionale di Ferrara) e del fumettista Sergio Algozzino (premio La Nuit du Livre per “Epictete”, Premio miglior fumetto di scuola italiana a Romics per “Memorie a 8bit” (2015) e nel 2017 premio Boscarato come miglior colorista italiano; all’attivo collaborazioni con Disney, Piemme, Panini Comics, Red Whale, Sergio Bonelli Editore, Newton Compton e Soleil Edition oltre ai libri realizzati per Tunué).

Bepi Vigna – fumettista, sceneggiatore, scrittore e regista incontra in rete domenica 29 novembre alle 18:30 in diretta su Facebook i due autori per raccontare la genesi e l’ispirazione del libro ma anche i vari aspetti – dall’idea alla scrittura, alla realizzazione delle tavole, alla scelta di un registro stilistico – della creazione di una graphic novel.

Sergio Algozzino

Una biografia tra parole e nuvole per Nellie Bly – pseudonimo di Elizabeth Jane Cochran, pioniera del giornalismo investigativo, in un’epoca in cui le donne erano per lo più relegate al ruolo di “angeli del focolare” oppure si dedicavano a professioni o mestieri considerati tradizionalmente più “femminili”, ovvero facevano le insegnanti, le cameriere o le governanti. Nellie Bly scrisse sulle condizioni delle lavoratrici nelle fabbriche ma riuscì anche a intervistare Belva Ann Lockwood, la prima donna candidata alle elezioni presidenziali negli Stati Uniti d’America. Trasferitasi in Messico, come corrispondente dall’estero, raccontò la situazione del Paese sotto il potere di Porfirio Díaz.

Rientrata negli Stati Uniti si finse malata di mente per poter entrare, sotto copertura, nel reparto femminile del New York City Mental Health Hospital sull’isola Roosevelt, a sud-est di Manhattan: qui fu testimone dell’orribile trattamento riservato alle pazienti, tra le quali erano anche donne perfettamente sane, ma povere o ripudiate dalle famiglie, rinchiuse tra quelle mura e sottratte agli occhi del mondo. L’inchiesta pubblicata sul New York World di Joseph Pulitzer suscitò un grande scalpore, ne fu tratto anche un libro – “Ten Days in a Mad-House” – e sortì anche degli effetti pratici nel destino di quelle creature sfortunate e incolpevoli imprigionate in quella che giornalista definì «una trappola umana per topi. È facile entrare ma, una volta lì, è impossibile uscire».

Nellie Bly continuò a occuparsi di questioni sociali, dallo sfruttamento delle operaie ai bambini non desiderati, dalle condizioni di lavoro delle domestiche alla vita negli istituti di carità.

Tra le sue imprese, anche un “giro del mondo in 72 giorni”, sulla falsariga del celebre romanzo di Jules Verne: Nellie Bly, partita il 14 novembre 1889 da Hoboken nel New Jersey, concluse la “circumnavigazione” del globo il 25 gennaio 1890 a New York, stabilendo un record assoluto; il suo diario “Around the World in Seventy-two Days” ottenne un grande successo e la rese famosa in tutto il mondo.

Sposatasi con il milionario Robert Seaman, lasciò il giornalismo, ma dopo la scomparsa del marito ricominciò a scrivere: durante la Prima guerra mondiale divenne corrispondente di guerra e trasferitasi in Europa inviò i suoi reportages dal fronte al New York Evening Journal. Di nuovo in patria, cinque anni dopo, riprese a scrivere di cronaca e intervenne anche al congresso delle suffragette del 1913. Morì nel 1922 a 57 anni. Celebre la sua affermazione: «Non ho mai scritto una parola che non provenisse dal mio cuore. E mai lo farò».

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