Rivoluzione rider: come cambierà il mondo dei lavoratori delle piattaforme di food delivery

I rider sono una categoria di lavoratori in grande crescita che ad oggi lavora ancora senza tutele ma la Commissione Ue ha proposto una serie di misure per migliorare le loro condizioni lavorative

? Mircea | Pixabay

Sempre di corsa da una parte all’altra della città, con la bici o il motorino, sotto la pioggia, sotto il sole cocente o contro vento, perché questo è l’unico modo per guadagnare qualcosa in più. Per loro nessuna differenza tra weekend, giorni festivi, orari notturni o tutto ciò che un lavoratore dipendente ha, perché fanno parte della categoria dei lavoratori “autonomi”, nonostante non siano loro a concordare il compenso e neanche a decidere le condizioni di lavoro.

Si tratta dei cosiddetti “rider”, ragazzi giovani ma anche adulti sulla cinquantina che trasformano gli ordini di cibo che facciamo su internet in una consegna a domicilio. Ricordano un po’ i fattorini che ci hanno sempre portato le pizze ordinate per telefono ma la situazione è differente: un rider infatti non ha sempre lo stesso ristorante di riferimento ma va “dove lo porta l’ordine”. Il datore di lavoro non è dunque un esercizio commerciale in particolare, ma una piattaforma digitale di food delivery, cioè di consegna di cibo a domicilio. Alcuni nomi sono, ad esempio, Glovo, Deliveroo, Just Eat, Uber Eats: piattaforme che riescono a garantire consegne in tempi brevi grazie a un esercito di rider che lavora per loro. Per operare come rider è necessario avere un mezzo proprio, come una bicicletta o uno scooter, ed essere dotati di uno smartphone perché tutto è gestito tramite app. Ma qual è l’identikit del rider italiano? Secondo i dati raccolti dalla Fondazione Rodolfo De Bendetti, la maggior parte di questi lavoratori sono uomini (54%). Il 58% appartiene alla fascia d’età compresa tra i 30 e 49 anni e ben il 42% ha una formazione universitaria (laurea triennale, magistrale o master). Il 28% fa il rider per arrotondare come secondo lavoro, mentre il 26% perché mancano altre opportunità lavorative.

Tante sono state negli ultimi anni le manifestazioni di protesta dei rider per i propri diritti e qualcosa finalmente sembra muoversi: la Commissione Ue ha presentato a Bruxelles le nuove regole a tutela dei lavoratori delle piattaforme digitali. Si tratta del “Pacchetto lavoro”, pensato da Nicolas Schmit, Commissario europeo per l’Occupazione, gli Affari Sociali e l’Integrazione. La proposta prevede una serie di criteri per determinare se una piattaforma può essere paragonata a un vero e proprio datore di lavoro e per stabilire il giusto statuto dei lavoratori, dando la possibilità a quelli non inquadrati correttamente di essere riconosciuti come dipendenti e poter beneficiare di tutti i diritti che derivano da tale riclassificazione, come il salario minimo (dove previsto), le ferie retribuite, gli orario di lavoro, la tutela della salute, un migliore accesso alla protezione contro gli infortuni sul lavoro, la disoccupazione e i contributi pensionistici. Secondo una prima valutazione della Commissione, con le nuove norme fino a 4,1 milioni di rider e lavoratori delle piattaforme digitali potrebbero veder cambiare il loro status da lavoratori autonomi a dipendenti. Valdis Dombrovskis, vicepresidente Ue, ha dichiarato: “I lavoratori delle piattaforme digitali devono avere lo stesso livello di tutele che hanno gli altri lavoratori se svolgono lavoro dipendente”.

Nella proposta della Commissione Ue è inclusa anche una sezione che riguarda l’utilizzo dell’intelligenza artificiale per evitare che gli algoritmi possano mettere a rischio legittime condizioni di lavoro sia per i liberi professionisti che per i lavoratori dipendenti. È inoltre garantito il controllo umano sul rispetto delle condizioni di lavoro. Bruxelles mira anche a istituire obblighi di trasparenza alle piattaforme nei confronti delle autorità nazionali: le aziende dovranno mettere a disposizione i dati sulle loro attività e sul personale assunto. La proposta del pacchetto di misure – prima al mondo per questo settore – prima di essere attuabile dovrà però ottenere l’approvazione degli Stati membri e del Parlamento europeo, i tempi potrebbero quindi essere lunghi.

Questa novità arriva in un periodo in cui il numero delle persone che lavorano per le piattaforme digitali è in aumento. Negli stati membri dell’Unione Europea sono infatti 28 milioni i lavoratori delle piattaforme e il numero è in forte crescita. La situazione in Italia è molto simile, mentre nel 2018 i rider erano circa 995 mila, nel 2021 sono diventati 1,5 milioni.

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