La blue tongue torna a far paura nell’isola: 205 focolai e numerosi capi ovini abbattuti

Le associazioni dei pastori reclamano antirepellenti e vaccini per stroncare il ritorno dell’epidemia

📷 Davide Ragusa

Il morbo della blue tongue torna ad angosciare i pastori sardi e mietere vittime tra gli ovini. I primi casi, col sierotipo 4, sono stati registrati in due allevamenti di Bari Sardo, in Ogliastra, ad inizio agosto. Il virus si è rapidamente diffuso a macchia d’olio in tutte le province sarde e alla fine del mese sono stati interessati 57.063 capi in 205 focolai con 5.127 ovini che presentano sintomi e 255 morti.

Le organizzazioni di categoria reclamano a gran voce le armi per combattere il virus, ovvero vaccini e antirepellenti, che al momento mancano.

I vaccini sono stati ordinati ma, denunciano i rappresentanti di Coldiretti e Confagricoltura: «siamo consapevoli della lentezza della macchina burocratica». Per questo, spiegano: «per mettere in sicurezza gli allevamenti, contrastando il rapido diffondersi del morbo, è necessario trattare quanto prima gli stessi allevamenti con gli antirepellenti, i quali hanno un’efficacia di circa 25-30 giorni, e garantirebbero la copertura fino all’arrivo del vaccino».

In poche settimane il virus ha raggiunto picchi di crescita del 300%, da Bari Sardo si è rapidamente diffuso negli altri comuni ogliastrini di Talana, Ilbono, Girasole, Triei, Villagrande Strisaili, Lanusei, Tortolì ed Arzana. Numerosi focolai sono stati registrati anche nel nuorese, dove il centro più colpito è stato Siniscola con ben 5 allevamenti, ma preoccupano anche Ottana, Orune, Sarule, Atzara e Teti che si aggiungono ai casi riscontrati nelle scorse settimane a Olzai, Ortueri e Sorgono. L’epidemia ha raggiunto anche la provincia di Oristano nei centri di Solarussa e Zerfaliu, e a questo punto si teme il dilagare dei casi anche nel Sud Sardegna.

Chiamata comunemente “lingua blu”, la febbre catarrale è una malattia infettiva dei piccoli ruminanti domestici e selvatici. Il nome deriva dalla cianosi della mucosa linguale osservata negli animali colpiti in modo più grave. Negli ovini, oltre la febbre si riscontrano anche mastiti ed elevata abortività, e nelle forme più acute l’animale va incontro alla morte. Fortunatamente non è contagiosa per l’uomo.

Il virus si trasmette attraverso le punture dei moscerini del genere Culicoides, sebbene il contagio sia possibile anche per mezzo di vettori passivi (attrezzature e strumentazioni di stalla contaminate). L’ambiente mediterraneo, e dunque quello sardo, è particolarmente favorevole per lo sviluppo di questi insetti: per il caldo umido, le elevate temperature serali, e l’aumento delle precipitazioni a fine estate.

Altro effetto negativo dell’irruzione della blue tongue è il blocco delle movimentazioni del bestiame. Le restrizioni, in presenza di focolai certificati, come quelli riscontrati dal Centro di referenza nazionale di Teramo, si estendono per un raggio di 150 chilometri coinvolgendo anche i bovini, ugualmente colpiti dalla malattia seppure in forma decisamente più lieve, con ricadute economiche negative anche su questo comparto e per la filiera del latte e della carne.

Per evitare le drammatiche scene del recente passato, con allevatori costretti ad abbattere il bestiame e a realizzare fosse comuni, è necessario adoperarsi al più presto per stroncare l’epidemia, come dichiarato dal direttore di Coldiretti Sardegna Luca Saba: «Con un intervento immediato e massiccio è possibile limitare i danni evitando perdite ed immagini che nel recente passato hanno fatto male a tutti. Allo stesso tempo è però necessario programmare dei rimborsi per gli allevatori che hanno subito la perdita delle pecore».

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