La 1, la 2 o la 3?, si chiedeva nei quiz qualche anno fa. Oggi la domanda è retorica perché tre sarà il nuovo metro di misura. Il nostro viaggio nella penisola continua ma con un occhio più attento verso quelle eccellenze, curiosità o proposte che solo il Bel Paese sa regalare. E saranno tre, ogni mese. Iniziamo con i tre piatti italiani più famosi nel mondo sui quali, state certi, c’è ancora molto da scoprire.
Camminando per i vicoli del centro storico di Napoli è facile imbattersi nei tanti locali che propongono la vera pizza preparata secondo la vera ricetta della città partenopea. Ma qual è la storia dietro quella promessa di verità? Se vogliamo partire dalle origini, già il neolitico vedeva l’uomo consumare cereali impastati e cotti; e via lungo i secoli con aggiunte sempre nuove. Così, gli antichi egizi inserirono il lievito, i romani perfezionarono la scelta delle farine e, nei primi secoli dopo Cristo, il termine longobardo “bizzen” comparve sulla scena storica. Un’assonanza incredibile. Fu a Napoli, nei primi decenni del 1500, che il letterato Benedetto di Falco coniò il termine “pizza” nel descrivere una focaccia tipica preparata in città. Si dovette attendere il 1889 perché questa focaccia venisse condita, in onore della Regina Margherita di Savoia, con il verde basilico, la bianca mozzarella e il rosso pomodoro: i colori della bandiera italiana. Scoprire meglio questo aspetto di Napoli è possibile anche grazie al libro di Domenico Mazzella dal titolo Le vie della pizza, dove si raccontano, tra aneddoti e storia, tutte le pizzerie “monumento” della città.
Un italiano all’estero sa bene che la pizza non è l’unica etichetta mediterranea. Chi invece viene dall’estero non può esimersi dal gustare un altro piatto tipico tutto italiano: gli spaghetti. Semola di grano duro e acqua elaborati con sapienza per ottenere una pietanza declinabile in infinite varianti. Siamo ancora in Campania e possiamo gustarli “alla Campolattaro”, ovvero come primo di mare con note di terra: acciughe, tonno, brodo di carne, prezzemolo e pepe. Ma se ci spostiamo a Roma troviamo ricette altrettanto gustose come la “cacio e pepe”, con la sua crema al pecorino, o la “carbonara”, oggi un vero e proprio must troppo spesso male imitato. Certo, la pasta tutta è una tipicità italiana, eppure proprio gli spaghetti ne sono assurti a emblema; del resto anche in Asia gli impasti farinacei vantano un’antica e indipendente tradizione con questa stessa forma.
Proseguiamo verso nord ma, dopo aver assaggiato il salato al centro-sud, è tempo di passare al dolce. Che ne dite di un tiramisù? Ci troviamo tra Veneto e Friuli, diffusamente accettate come sue zone d’origine, accanto all’Austria le cui note di cacao e viennese ritroviamo anche nel nostro dolce al cucchiaio. Recentissimo, tanto che fino agli anni Sessanta ben pochi lo conoscevano, il tiramisù varia la zuppa inglese sostituendo alchermes con caffè e crema con mascarpone. Esistono tracce del tiramisù ante-litteram anche in Toscana, Emilia Romagna e Lazio ma si sa, il buon gusto non ha patria.