Raffaella Carrà: l’icona dello spettacolo italiano, un’artista senza tempo

A due anni dalla scomparsa, il documentario “RAFFA” di Daniele Luchetti riporta in vita la carriera di un mito che ha cambiato la televisione e lasciato un segno indelebile nella cultura popolare

📷 Depositphotos | andreadelbo

Avrebbe compiuto 80 anni lo scorso 18 giugno e di certo i festeggiamenti che le avrebbero tributato i suoi fan sarebbero stati un’esplosione di musica e colore, permeati di quella stessa gioia che ancora oggi, a due anni dalla morte, ne accompagna il ricordo: Raffaella Carrà è stata una protagonista del mondo dello spettacolo in Italia -e non solo- ed è stata capace di imporre le sue idee ben oltre l’immagine che l’ha contraddistinta, destabilizzante per la morale vigente in RAI tra gli anni ’60 e ‘70.

Senza dubbio il vuoto lasciato da questo amatissimo personaggio sembra aver reso ancora più evidente il significato dirompente di un’esperienza unica, rivoluzionaria, che ha cambiato la storia della televisione italiana e ha coinvolto vaste fasce di pubblico, gli spettatori più aperti ai cambiamenti dei costumi e della società, ma anche gli amanti dei programmi realizzati sotto il segno dei buoni sentimenti.

Dal 6 al 12 luglio la carica di energia che ha sempre contraddistinto la carriera di Raffaella Carrà torna a irrompere al cinema grazie al documentario di Daniele LuchettiRAFFA, che dopo il passaggio nelle sale sarà disponibile in streaming su Disney Plus: si tratta di un’occasione unica per ripercorrere la vita di quest’artista straordinaria attraverso preziose immagini di repertorio e interviste, realizzate con alcuni personaggi dello spettacolo che hanno condiviso con lei progetti molto diversi tra loro, come Renzo Arbore, Fiorello, Tiziano Ferro e Bob Sinclar. Non a caso, la qualità che traspare con più evidenza anche dai numerosi tributi televisivi che a Raffaella Carrà sono stati dedicati dopo la morte è la trasversalità, l’attitudine al comunicare con generazioni differenti, grazie a un linguaggio confidenziale ma diretto e a una professionalità votata al continuo rinnovamento.

Oggi, le parole con cui più spesso si definisce Raffaella Carrà sono “mito” e “icona”, vocaboli che forse infastidirebbero un’artista sempre proiettata al futuro, la cui storia si potrebbe raccontare come l’ascesa di una fulgida eroina nel mondo dello spettacolo, dalla prima prova d’attrice all’età di soli 8 anni con il film di Mario Bonnard “Tormento del passato” del 1952 al diploma al Centro Sperimentale di Cinematografia nel 1960, fino alle pellicole più significative, come “I compagni” di Mario Monicelli, nel 1963, e “Il colonnello Von Ryan” di Mark Robson nel 1965, insieme a Frank Sinatra.

Raffaella Carrà continua a recitare fino ai primi anni ’70, ma non è il cinema a regalarle la notorietà, bensì la televisione, dove ha la possibilità di farsi conoscere come conduttrice, cantante e ballerina; nasce così la showgirl capace di conquistare il pubblico attraverso una serie di tappe che hanno fatto storia: nel 1970 conduce “Canzonissima” con Corrado e la sigla iniziale del programma, “Ma che musica maestro!”, in cui indossa un top bianco che lascia scoperto l’ombelico, vende oltre 200.000 copie; l’anno successivo, nella seconda edizione, Raffaella canta e balla, insieme a Enzo Paolo Turchi, il celebre “Tuca tuca”, censurato dalla RAI perché considerato troppo esplicito. Grazie alla celebre esibizione con Alberto Sordi, permeata di ironia, il “Tuca tuca” supera infine la censura e si trasforma in un successo internazionale, così come il brano “Rumore”, che nel 1974, dopo il programma “Milleluci” insieme a Mina, segna la terza edizione di “Canzonissima” e si aggiudica il disco di platino e numerosi dischi d’oro all’estero.

Il successo di Raffaella Carrà si consolida in Europa -in Spagna in particolare- e America Latina: nel 1975, in Inghilterra, la versione inglese di “A far l’amore comincia tu” si piazza nella top ten dei singoli più venduti per diverse settimane, mentre nel 1978 esce “Tanti auguri”, sigla iniziale del programma “Ma che sera” che riscuote, ancora una volta, un grande successo, nonostante le polemiche suscitate dalla messa in onda in concomitanza con il sequestro di Aldo Moro. Si tratta di canzoni che hanno segnato la cultura popolare degli anni ’70, capaci di trasmettere, nella loro giocosità, un forte messaggio di emancipazione sessuale, destinato soprattutto alle donne, spesso esortate a esprimere i propri desideri e bisogni senza curarsi troppo del romanticismo tradizionale: si proclama una sessualità libera, si esorta alla ricerca della passione, del divertimento senza pensieri, piuttosto che dell’unico “grande amore”.

Gli anni ‘80 segnano per Raffaella Carrà il susseguirsi di una serie di programmi di successo: “Millemilioni”, “Fantastico”, “Pronto Raffaella?”, prima collaborazione televisiva con Gianni Boncompagni, “Buonasera Raffaella”, show che nelle stagioni 1986-1987 vede la conduttrice intervistare personaggi del calibro di Henry Kissinger e Stevie Wonder dagli studi di RAI Corporation di New York, e “Domenica In”. Dopo una breve parentesi nelle reti Fininvest insieme al compagno Sergio Japino, regista e coreografo, nei primi anni ‘90 Raffaella lavora in Spagna per la rete TVE 1, fino a che nel 1995 non arriva un nuovo grandissimo successo targato RAI, “Carràmba! Che sorpresa”: nel programma, progettato ancora con Japino sulla base di un format inglese, Raffaella ricongiunge famiglie divise e realizza desideri impossibili, ospitando personaggi di livello internazionale come Madonna e Britney Spears e portando alla ribalta i famosi “valletti”, i Carràmba Boys, fino all’ultima edizione nel 2008.

“Carràmba” rappresenta in modo esemplare un’altra faccia della straordinaria carriera di Raffaella Carrà, legata alla narrazione di un’Italia legata ai valori della famiglia e del duro lavoro, una terra di emigrati che, grazie al programma, tornano in Italia dopo decenni e che, con un grande senso di rivalsa, raccontano la propria storia. Sono numerose le trasmissioni su cui Raffaella Carrà ha lavorato durante e dopo “Carràmba” -tra queste anche un’edizione poco apprezzata del Festival di Sanremo nel 2001 e, dopo il 2010, numerose serate legate all’Eurovision Song Contest e diverse edizioni di The Voice of Italy-, ma questo show rappresenta un successo praticamente irripetibile.

Ripercorrere, seppure sommariamente, la carriera di questa grande artista suscita una domanda quasi inevitabile: quante “RAFFA” ci sono state, nella storia dello spettacolo? Tante e, allo stesso tempo, una, unica, capace di parlare alla comunità LGBT+, di essere celebrata su un gigantesco manifesto a Times Square come volto di Spotify Equal, per l’uscita in digital download di alcuni dei suoi album più famosi, e, ancora, di essere protagonista del Milano Pride 2023 attraverso il tributo curato dal queer cabaret DRAMA. Le sono stati dedicati libri, su tutti il “RAFFAbook” di Fabio Canino, brani musicali, tra cui spicca il successo di Tiziano FerroE Raffaella è mia” e il remix di “A far l’amore comincia tu” firmato da Bob Sinclar è forse la canzone più rappresentativa della colonna sonora del film Premio Oscar “La Grande Bellezza” di Paolo Sorrentino: quante RAFFA sono esistite, dunque? Una, certo, e infinite, ben presenti nel cuore del vasto pubblico che ancora la ama e balla con lei.

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