Salvatore Erittu, da campione a leggenda

Il nord Sardegna gode di una tradizione pugilistica senza precedenti e rinomata in tutta Italia, una terra dalle opportunità sportive capace di sfornare campioni dalla tempra inossidabile e dalle abilità strabilianti, un’isola, la nostra, che ha dato i natali al professionista che ha fatto grande il nome della boxe non solo sarda, ma internazionale: Salvatore “Tore” Erittu.

Classe 1980, figlio della scuola pugilistica portotorrese “Martellini” e allievo del compianto Alberto Mura, Salvatore ha cominciato ben presto ad incasellare incredibili successi sportivi frutto di un desiderio di rivalsa dettato anche dalle difficili condizioni di vita nel quartiere dove è nato e cresciuto: una storia che vede la boxe divenire un simbolo di evasione e riscatto. L’impegno e la dedizione portano il talento di Tore ad esplodere immediatamente oltre le acque isolane dopo essersi impadronito, già da dilettante, di due medaglie d’argento ai campionati nazionali, successi che lo porteranno poi a rappresentare l’Italia ed indossare i colori azzurri. Divenuto professionista, l’ascesa nell’Olimpo della boxe non tarda ad arrivare, con 27 vittorie su 29 incontri, 11 dei quali per K.O, nel 2009 la “giovane furia di Porto Torres” conquista l’agognato titolo di campione italiano dei massimi leggeri. Nel 2010, sempre nella stessa categoria, si impadronisce del titolo Intercontinentale e Mediterraneo e nel giugno del 2015 Tore celebra invece la sua gloria diventando anche campione italiano dei pesi massimi.

Ma come ogni grande storia l’epica non tarda ad arrivare e nel marzo 2014 il fuoriclasse subisce un grave crollo, una sconfitta che lo segnerà, un K.O dopo solo 23 secondi dal suono della campanella contro il pugile torinese Maurizio Lovaglio che sarebbe stato per molti un motivo per abbandonare, invece di uno sprone a migliorare e rialzarsi. Dopo 5 anni di duro allenamento e bruciante ambizione il pugile sardo decide di sancire così la fine della sua carriera di professionista: un ultimo, grande match contro quello stesso avversario che lo sconfisse con tanta facilità, un incontro da cui esce, questa volta, vincente.
Con 32 vittorie su 34 incontri, la storia di Salvatore Erittu muta nella leggenda, e come tale merita di essere raccontata anche con le immagini. A farlo ci pensa Diamond, il documentario del giovane Simone Cicalò, studente di cinematografia all’Accademia di Belle Arti, disponibile online, ma oggi siamo noi ad avere l’onore di ospitare le parole del guerriero turritano.

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Ciao Salvatore, ti ringrazio per la tua disponibilità. Ci puoi raccontare come nasce la passione per la boxe?
Ho sempre avuto la passione per gli sport da combattimento, ho svolto un anno di kick boxing, poi un amico mi propose la boxe per tenermi in forma e da lì comincia la mia passione che è cresciuta sempre di più, e il resto è storia.

Come ti preparavi per ogni match?
La mattina facevo la parte atletica con i lavori sulla forza, sulla pesistica, oppure all’aperto o in pista, dopodiché la sera svolgevo allenamento in palestra, ma è la testa che allenavo maggiormente, perché nella boxe la gran parte del lavoro la fa proprio la mente.

Hai portato con onore i quattro mori sui più importanti ring, ma quale differenza hai riscontrato tra la pugilistica sarda e quella al di fuori della nostra isola?
La differenza esiste anche nelle varie scuole della Sardegna: ci sono società che si basano più sul professionismo e altre che hanno impronte più dilettantistiche, ma l’impronta pugilistica “del continente” non è lontana da quella sarda, lasciando da parte la Campania che è una delle regioni più forti in questo sport. Se vuoi vedere un pugilato veramente diverso devi andare fuori dall’Italia: America, Inghilterra, Russia, Cuba, sono le nazioni che hanno un’impostazione completamente diversa dalla nostra.

Riguardo il match con Lovaglio…
C’è stata molta tensione, ho vinto il match più con la testa che con la performance fisica. La fisicità occupa il 30-40% del mio potenziale, il resto deriva dal cervello. Venivo da un match contro Maurizio in cui ho perso nei primi 23 secondi per k.o, un avversario ostico e pericoloso per i suoi pugni pesanti, così ho intrapreso il match come una partita a scacchi e una volta che l’ho visto sotto scacco non ho voluto prendere rischi eccessivi. Sicuramente non ho dato sfoggio ad una battaglia spettacolare, ma la voglia di rivincita mi ha portato ad un ottimo risultato, che reputo sia la cosa più importante.

Salvatore Erittu vs Maurizio Lovaglio

Hai deciso di scendere dal ring imbattuto, ma ora?
Il mio prossimo obiettivo è sicuramente la gestione e la direzione della mia scuola con mia sorella, un modo per cercare di dare una mano al professionismo sardo, così da far emergere qualche altro campione dopo di me, perché noi sardi ne abbiamo i mezzi e le caratteristiche, e unendo le forze possiamo farcela.

Cosa direbbe un campione ai tanti giovani pugili sardi che ci leggono e che vogliono seguire le tue orme?
Ci vuole quel pizzico di fortuna che aiuta, ma le uniche cose che ti fanno arrivare ai grandi sogni, alle grandi soddisfazioni sono il sacrificio, la dedizione e la serietà. È con la coesione e la combinazione di questi tre elementi che si può arrivare veramente lontano, e se manca una, anche solo una di queste componenti, raggiungere la gloria diventa complesso.

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