Pasqua: il pane e i dolci tipici della Sardegna, tra storia e tradizione

Il coccoetto, il gattò e le pardule, da sempre presenti nelle tavole dei sardi in occasione delle festività pasquali

Pardulas. 📷 Adobe Stock | ballylocci

Pardulas. 📷 Adobe Stock | ballylocci

La Pasqua, “Sa Pasca Manna”, è una festività particolarmente sentita in Sardegna, e non solo dal punto di vista religioso. L’Isola possiede infatti una ricca tradizione culinaria, con ricette tipiche che vengono tramandate di generazione in generazione. Nelle tavole dei sardi imbandite a festa sono dunque immancabili pani e dolci caratteristici.

Il simbolo per eccellenza del periodo pasquale è un pane prodotto in tutto il territorio regionale, il coccoetto, “su coccoi”, inserito dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali nella lista dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della Regione Sardegna (PAT).

Si tratta di un pane a pasta dura, caratterizzato da una crosta dorata con all’interno una mollica bianca molto compatta e un gusto inconfondibile. Presenta una forma molto particolare, simile ad una coroncina, con punte croccanti da strappare e mangiare una dopo l’altra, frutto di una lunga lavorazione durante la quale vengono eseguite delle decorazioni tali da realizzare delle vere e proprie piccole sculture di pane.

Il processo da seguire per la preparazione di su coccoi è lungo e laborioso, essendo un impasto a bassa percentuale di idratazione, ma proprio questa particolarità rende questo pane conservabile per un periodo di tempo più lungo.

Per prepararlo è necessario impastare 1 kg di semola di grano duro con 30 g di lievito madre, “su frammentu”, temperandolo con poca acqua tiepida. Il composto va lavorato a lungo, aggiungendo di tanto in tanto altra acqua tiepida e 20 g di sale, fino ad ottenere un impasto liscio e consistente che va coperto e fatto lievitare per circa un’ora. Dopodiché si procede alla formazione dei pani e alla lavorazione manuale con tre attrezzi: “sa serretta”, una rotella dentata con cui vengono realizzate le punte lungo il perimetro, “s’arrasoyedda”, un coltellino con cui si intaglia la parte superiore, e piccole forbici con cui si realizzano ulteriori tagli sulle punte. Dopo altre due ore di lievitazione su un canovaccio leggermente infarinato, si procede alla cottura, preferibilmente in forno a legna, per 45 minuti, ad una temperatura di 220°.

Una volta pronto, il giorno di Pasqua all’interno della forma di pane viene inserito un uovo intero, si parla infatti di “su coccoi cun s’ou”, che simboleggia la resurrezione di Cristo. Il coccoetto è spesso presente, a forma di cuore o di bouquet fiorito, anche per feste di fidanzamento e matrimoni, come simbolo di prosperità e buon augurio.

Ma come ogni festività che si rispetti, anche a Pasqua i dolci rivestono il ruolo principale, e non sono solo le colombe e le uova di cioccolato a rappresentare un piacere per il palato. La Sardegna possiede infatti una cultura dolciaria prestigiosa e sono vari i dolci tipici protagonisti di queste giornate, primi fra tutti le pardule e il gattò, entrambi prodotti PAT.

Su gattò de mendula, o semplicemente gattò, è un piccolo dolce a base di mandorle, con una peculiare forma di rombo. Da sempre molto apprezzato in tutta l’Isola, in passato ne venivano costruite vere e proprie sculture per festeggiare ricorrenze speciali. Il gattò viene citato anche nel romanzo di Grazia Deledda “Canne al vento”, che le valse il premio Nobel nel 1926.

La ricetta di questo croccante di mandorle prevede l’utilizzo di pochi ingredienti e risulta semplice nella sua preparazione. Basta far caramellare 300 g di zucchero con un cucchiaino di miele e il succo di limone, a cui si aggiungono, quando è ancora caldo, le scorze tritate di 2 limoni e 300 g di mandorle sbollentate e spellate. A questo punto il composto deve essere versato su una superficie antiaderente su cui si posiziona un foglio di carta da forno e va poi appiattito con un mattarello, fino a raggiungere lo spessore di circa 1 cm. Prima che raffreddi, va tagliato in tante piccole forme romboidali e decorato con perline colorate di zucchero. Come da tradizione, il gattò va servito freddo, possibilmente su foglie di limone ben pulite.

Come piccoli cestini o soli raggianti, con una forma che ricorda la pancia della donna in dolce attesa e dunque la genesi, ci sono poi le pardule o “is pardulas”, piccole tortine a base di ricotta, le cui origini risalirebbero ai dolci al formaggio preparati in epoca classica in Grecia. Denominate anche “casadinas” nelle zone della Barbagia, dove al ripieno di ricotta si sostituisce quello di formaggio, o semplicemente “formaggelle” in italiano, questi tipici dolci pasquali della tradizione sarda sono composti di ingredienti poveri, caratteristici della cucina isolana. Per preparare il ripieno è necessario passare al setaccio 500 g di ricotta di pecora (o formaggio fresco), incorporare un tuorlo d’uovo, 200 g di zucchero, la scorza di un limone e una bustina di zafferano, e lasciare riposare per 20 minuti. 

Per la sfoglia, si devono invece mescolare 250 g di granito con un po’ di acqua tiepida, un pizzico di sale e 40 g di strutto, fino ad ottenere un impasto compatto e liscio da tagliare in dischi del diametro di circa 5 cm. All’interno di ogni disco di pasta bisogna inserire il ripieno. La forma tipica si ottiene sollevando il bordo e pizzicandolo manualmente nei quattro lati, in modo da creare un piccolo cestino. Dopo aver fatto cuocere i dischi di pasta in forno, per circa 20 minuti, a 180°, è possibile decorarne la superficie con zucchero a velo o una spennellata di miele.

Ed ecco che queste prelibatezze sono pronte ad arricchire di dolcezza e speranza le tavolate delle feste o ad allietare le gite fuori porta della Pasquetta.

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