Ritorna l’incubo dell’influenza aviaria, è in corso l’epidemia più grande mai registrata in Europa

Scopriamo insieme che cos'è l'influenza aviaria, come si trasmette tra gli animali, quali sono le specie più sensibili, i rischi per l'uomo, le misure di prevenzione, i sintomi e le cure

Fenicotteri rosa a Cagliari. ? Depositphotos

Fenicotteri rosa a Cagliari. ? Depositphotos

La più grande epidemia di influenza aviaria mai vista in Europa”, così l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) hanno definito il nuovo focolaio di influenza aviaria che sta attualmente interessando ben 37 Paesi europei, tra cui l’Italia. Numerosi sono, infatti, i casi registrati in Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Lazio, ma, nelle ultime settimane, ad essere al centro dell’attenzione è stata in particolare la Sardegna.

Dopo il ritrovamento di alcuni pavoni morti nel parco di Monte Urpinu a Cagliari, gli esami condotti dall’Istituto Zooprofilattico della Sardegna hanno individuato proprio nel virus dell’aviaria la causa del decesso. Il livello alto di contagiosità rilevato ha portato alla chiusura al pubblico dell’area del focolaio e alla soppressione, su decisione del servizio di Igiene animale della Asl del capoluogo, di ben 228 volatili tra pavoni, cigni, galline, anatre e oche che da decenni popolano quest’oasi verde del centro cittadino. Le indagini si sono poi concentrate sui fenicotteri rosa, tesoro naturalistico di vari stagni presenti nell’Isola. Nella laguna di Cabras, in provincia di Oristano, è stata certificata la morte per aviaria di un fenicottero rinvenuto senza vita. Il livello di sorveglianza continua, dunque, a restare elevato, anche se viene valutato come “tenue” il rischio di infezione dall’animale all’uomo.

Che cos’è l’influenza aviaria

L’influenza aviaria, un tempo denominata “peste aviaria” dal latino avis (uccello), è un’infezione virale molto contagiosa che si diffonde generalmente tra gli uccelli selvatici e domestici, causata da virus influenzali di tipo A che possono infettare anche altri animali e, in alcuni casi, l’uomo. Fu scoperta dallo studioso italiano Edoardo Perroncito nel 1878, quando studiò una gravissima malattia del pollame che si diffuse nelle fattorie del Piemonte.

Come si trasmette tra i volatili e quali sono le specie più sensibili

Gli uccelli migratori rappresentano il serbatoio naturale di questi virus influenzali. Diverse specie di uccelli acquatici, come anatre, oche, fenicotteri, gabbiani e cigni, sono infatti considerati gli ospiti naturali del virus. Lo ospitano nell’intestino, anche senza manifestare sintomi, e lo eliminano attraverso le feci, la saliva e le secrezioni respiratorie che, contaminando l’ambiente ed entrando in contatto con altri uccelli sensibili, determinano la trasmissione dell’infezione. Tuttavia, pur vivendo in ambienti diversi, anche fagiani, quaglie e pernici appartengono a specie che potenzialmente possono contrarre la malattia. Le galline e i polli da cortile, che appaiono sani e non manifestano comportamenti anomali, non costituiscono invece un pericolo. In Italia non è stato segnalato nessun caso di contagio in cani e gatti.

I sintomi negli animali

I segni della malattia variano in relazione al tipo virus, all’età e alla specie di volatile interessato. Negli uccelli selvatici i sintomi sono quasi sempre modesti o del tutto assenti. In quelli domestici, invece, la sintomatologia più frequente consiste in un improvviso calo della produzione di uova, la perdita di appetito, la diarrea e, nei casi più gravi, la morte.

I rischi per l’uomo

Sebbene il sindaco di Cagliari, Paolo Truzzu, abbia rivelato, durante una recente seduta del consiglio comunale, di aver contratto il virus H1n1 nel 2020, sporadicamente sono stati segnalati casi di “spillover” o salto di specie animale – uomo. Certamente la frequentazione, in genere per motivi di lavoro, di determinati ambienti, come mercati di uccelli vivi, o lo stretto contatto con animali infetti, siano essi vivi o morti, rappresentano fattori di rischio. Per quanto riguarda la trasmissibilità interumana, da uomo a uomo, i dati al momento disponibili non dimostrano un’alta infettività di questi virus, tranne rari casi determinati da un contatto stretto e prolungato.

Come prevenire le infezioni umane da influenza aviaria

Qualora si rinvenisse un animale selvatico morto per cause sconosciute, o in caso di comparsa di sintomi della malattia nel pollame da allevamento o domestico, è buona norma contattare il servizio veterinario della ASL territorialmente competente. Inoltre, è consigliabile non avvicinarsi alle carcasse e non consentire a nessuno di avvicinarsi; indossare dei guanti nel caso si manipolino volatili morti; evitare di toccarsi occhi, naso e bocca; lavarsi regolarmente le mani; evitare il consumo di carne e uova crude o non completamente cotte.

I sintomi nell’uomo

I sintomi dell’influenza aviaria negli esseri umani si manifestano dopo un periodo di incubazione che va da 2 a 5 giorni e fino ad un massimo di 17 giorni. Possono consistere in sintomi simil-influenzali come febbre, tosse, mal di gola, dolori muscolari, difficoltà respiratorie e polmoniti gravi; sintomi gastrointestinali quali nausea, vomito e diarrea; infezioni oculari, in particolare congiuntiviti; sanguinamento dal naso o dalle gengive; encefaliti; in caso di complicazioni, o decorso clinico aggressivo, la morte.

Diagnosi e cure

L’influenza aviaria viene di solito diagnosticata, attraverso un test da laboratorio, un tampone che consente di raccogliere e analizzare le secrezioni presenti nel naso o nella gola, durante i primi giorni della malattia.

Le terapie variano in base alla sintomatologia. Sono utili farmaci antivirali, soprattutto se somministrati entro 48-72 ore dalla comparsa dei sintomi, perché in grado di ridurre la durata della malattia e alleviarne i disturbi.

Attualmente non sono disponibili vaccini per la prevenzione delle infezioni da influenza aviaria nell’uomo, è comunque utile sottoporsi alla vaccinazione antinfluenzale perché riduce la probabilità di essere contemporaneamente infettati sia dall’influenza di stagione che dal virus dell’aviaria.

Intanto, chi studia da vicino le rotte migratorie di varie specie di uccelli ritiene che i cambiamenti climatici possano essere all’origine di questa epidemia di influenza aviaria senza precedenti.

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