Non solo questione di memoria: cos’è la malattia di Alzheimer

Un dramma che colpisce nel mondo oltre 55 milioni di persone: di cosa si tratta, perché insorge e quali sono le difficoltà a cui vanno incontro le famiglie dei malati?

? Depositphotos

Oggi il mondo si tinge di viola in occasione della Giornata Mondiale dell’Alzheimer, istituita nel 1994 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dall’Alzheimer’s Disease International (ADI). Viola è infatti il colore del “non ti scordar di me”, fiore simbolo della malattia di “chi dimentica”.

La demenza nel mondo colpisce oltre 55 milioni di persone, con un nuovo caso ogni 3 secondi. Le cause sono diverse ma la più comune, nel 60-70 per cento dei casi, è proprio l’Alzheimer. Spesso i termini “demenza” e “Alzheimer” vengono utilizzati come sinonimi. La prima però è un’espressione più ampia usata per descrivere tutte quelle condizioni causate da lesioni cerebrali o malattie che influenzano negativamente la memoria, il pensiero e il comportamento. L’Alzheimer, invece, è una malattia a decorso cronico e progressivo e rappresenta la causa più comune di demenza nella popolazione anziana dei Paesi occidentali e una delle maggiori cause di disabilità nella popolazione generale.

La patologia prende il nome dallo psichiatra e neuropatologo tedesco Alois Alzheimer che nel 1907 ne descrisse per primo le caratteristiche. I soggetti da lui studiati presentavano un tessuto cerebrale con riduzione delle cellule nervose e placche senili visibili anche a occhio nudo. In seguito, grazie all’osservazione al microscopio con colorazioni chimiche, lo specialista mise in evidenza la presenza di ammassi proteici nel cervello che compromettevano la funzionalità cerebrale. La malattia di Alzheimer si evolve distruggendo lentamente le cellule del cervello, provocando un deterioramento irreversibile di tutte le funzioni cognitive fino a compromettere l’autonomia e la capacità di compiere le normali attività quotidiane.

Ma come si manifesta la malattia di Alzheimer? I sintomi possono essere di diverso genere e variare da persona a persona. Come leggiamo sul sito del Centro Alzheimer, tra i primi segnali di allarme c’è una significativa perdita della memoria. A questo sintomo si associano deficit di linguaggio, nel riconoscimento di oggetti e disorientamento spaziale e temporale. Questi rendono difficoltosa l’esecuzione delle attività quotidiane in autonomia e portano alla perdita della corretta espressione verbale dei pensieri. Inoltre, si presentano sintomi di tipo comportamentale come agitazione, ansia e depressione che con il tempo vanno ad aggravarsi. Molto frequenti sono anche le alterazioni della personalità. Ad esempio, spesso l’inizio della malattia è caratterizzato dal sospetto nei confronti di altre persone, accusate di aver sottratto oggetti che semplicemente il malato non riesce a trovare.

I fattori di rischio della malattia si suddividono in “modificabili” e “non modificabili”. Tra i fattori non modificabili vi è l’età (la maggior parte delle persone sviluppa l’Alzheimer dopo i 65 anni ma esistono rari casi in cui la malattia esordisce precocemente), la storia familiare e la genetica. Ci sono anche fattori di rischio modificabili che, se controllati, possono essere collegati a un minor rischio di peggioramento cognitivo. Tra questi c’è lo stile di vita: fumo, alcol, carenza di vitamine, scarsa attività fisica o altre attività di svago (fisiche, mentali e sociali), una bassa scolarità e uno stile alimentare poco sano. Tra i fattori di rischio su cui di recente è stata posta attenzione vi è anche l’inquinamento acustico. Secondo uno studio condotto in Danimarca e pubblicato sul British Medical Journal sui dati di circa 2 milioni di persone, il rumore delle città aumenta il rischio di demenza.

A causa della complessità della malattia e del suo carattere degenerativo, la famiglia di chi ne è affetto viene messa a dura prova. Si può dire che l’Alzheimer non colpisca mai una sola persona ma un’intera famiglia. Infatti, con il passare del tempo il malato avrà necessità di un’assistenza sempre più intensa e persistente e i familiari dovranno pianificare le modalità di sostegno più appropriate, organizzare il tempo da destinare alla sua sorveglianza, alla sua cura e conciliare il tutto con gli altri impegni familiari e di lavoro. Oltretutto, è necessario considerare anche i fattori psicologici dei familiari che sono chiamati a gestire il malato. Un esempio è la sofferenza derivata dalla difficoltà di capire cosa stia accadendo al proprio caro o la dolorosa sensazione di star perdendo una persona che fino a poco tempo prima rappresentava un pilastro della famiglia.

Per il trattamento dell’Alzheimer attualmente vengono somministrati dei farmaci che possono migliorare i sintomi della malattia e rallentarne temporaneamente la progressione. Di recente però, dopo decenni di ricerche, si stanno aprendo nuove speranze sul fronte delle terapie con la recente approvazione, da parte della Food and Drugs Administration (FDA) statunitense, dell’Aducanumab: il primo trattamento che si rivolge in modo specifico al processo degenerativo della malattia e non si limita solo ad affrontare i sintomi della demenza. Sembrerebbe riuscire a rallentare il declino cognitivo.

Exit mobile version