Il futuro dell’Italia è senza sangue. Sì, perchè i donatori calano e la popolazione cresce. Se le cose non cambiano (attualmente le disponibilità di sangue superano di poco la soglia di autosufficienza), l’Italia in un futuro non troppo lontano si troverà a dover dipendere da altri paesi per le scorte di sangue. Sia quelle per uso medico e chirurgico, sia quelle che dovessero rendersi necessari in caso di eventi estremi come terremoti o disastri. L’allarme è stato lanciato giovedì nel presentare l’Osservatorio Nazionale Donazione Sangue e Plasma, che nasce proprio con lo scopo di sensibilizzare istituzioni e opinione pubblica sul tema della carenza di sangue.
Il tema della carenza di sangue è di crescente rilevanza non soltanto in ambito sanitario, nei numerosi casi in cui le normali cure medico-chirurgiche possono essere insufficienti, ma anche nel caso di eventi eccezionali quali terremoti, disastri o incidenti. E, dall’indagine realizzata dalla società di ricerca, intelligence e consulenza Nomisma è emerso un dato allarmante: sebbene, al momento, l’Italia possa ritenersi autosufficiente nella produzione di sangue, in futuro tale autosufficienza è destinata a ridursi, fino ad arrivare alla dipendenza da altri Stati e alla conseguente necessità di importazione.
Come indicato dai dati del Centro Nazionale Sangue, nel 2023 il Paese ha raggiunto un indice di produzione di globuli rossi pari a 42,8 unità per 1.000 abitanti, superando così il valore di soglia di 40 unità per 1.000 abitanti per garantire tale autosufficienza. Tuttavia, per quanto concerne la raccolta di plasma, cruciale per la produzione di farmaci plasmaderivati, l’Italia mostra una marcata dipendenza dall’estero.
Nel 2023 la raccolta di plasma si è attestata a soli 15,3 kg per 1.000 abitanti, al di sotto della soglia di autosufficienza di 18 kg per persona. Si evidenziano, inoltre, disparità significative nella raccolta di plasma tra le regioni italiane, con soltanto sette di esse che superano tale soglia.
Questo scenario è generato dal calo del numero di potenziali donatori, soprattutto tra i giovani, e dal progressivo aumento dell’invecchiamento della popolazione: dal 2015 al 2024 la popolazione residente con età compresa tra i 18 e i 65 anni, ossia coloro ai quali è permessa la donazione di sangue, si è, difatti, ridotta del 4,1%.
In parallelo, la popolazione over 65 è cresciuta dell’11,3%: un dato destinato ad accentuarsi nel prossimo futuro, al punto che nel 2050 ben il 35% della popolazione residente nel nostro Paese avrà un’età di 65 anni o superiore, rendendo ancora più lontana l’autosufficienza del Paese. Per mettere in luce l’importanza del donare e aumentare il numero di donatori, soprattutto fra le fasce più giovani, è fondamentale l’implementazione di efficaci azioni di comunicazione.
“Dalla ricerca di Nomisma – commenta il responsabile Industria, Retail e Servizi per Nomisma, Emanuele Di Faustino – emerge come la comunicazione sia fondamentale per aumentare conoscenza e consapevolezza sulla donazione di sangue nel nostro Paese: solo 1 italiano su 2 afferma difatti di conoscere i criteri di idoneità per la donazione di sangue e il 29% ritiene di non avere abbastanza informazioni su pratiche, sicurezza e benefici della donazione, incidenza che sale al 38% tra gli under 30″.
“In tale quadro – prosegue – i canali preferiti dagli italiani per essere informati su questo importante tema sono la lettera a casa da parte del Servizio Sanitario Pubblico o di associazioni di volontariato, le campagne di sensibilizzazione sui media tradizionali e il consiglio del medico di famiglia, seppur con differenze tra le generazioni. Tra la gen Z il primo canale di informazione diventano infatti i social network, apprezzati da 1 giovane su 3″.
Fonte Agenzia DIRE.it