L’Italia dice addio agli allevamenti di animali da pelliccia

Tanti i marchi di moda che avevano già deciso di non utilizzare le pellicce nelle loro collezioni

Visoni in gabbia. 📷 Algimantas | AdobeStock

Visoni in gabbia. 📷 Algimantas | AdobeStock

L’Italia ha detto ufficialmente addio alle pellicce. È stato approvato l’emendamento alla Legge di Bilancio 2022 da parte della Commissione Bilancio del Senato per la messa al bando degli allevamenti di animali per la produzione di pellicce. Una decisione storica che è entrata in vigore pochi giorni fa: dal primo gennaio 2022 è infatti vietato allevare, catturare, far riprodurre e uccidere animali (quali volpi, visoni, procioni, martore e cincillà) con lo scopo di produrre capi d’abbigliamento. Entro il 30 giugno, inoltre, gli allevamenti italiani che attualmente detengono visoni dovranno essere chiusi.

Gli allevamenti ancora in funzione nel nostro Paese sono cinque e sono situati tra Abruzzo, Emilia-Romagna e Lombardia. Il governo ha stanziato un massimo di 3 milioni di euro per il loro smantellamento e la loro riconversione in impianti per la produzione di energia pulita. Quando le strutture verranno chiuse, gli esemplari verranno sterilizzati e poi affidati alle associazioni di protezione animale autorizzate. L’emendamento permetterà quindi di salvare tutti quei 7.039 visoni riproduttori presenti all’interno degli stabilimenti italiani. Durante lo scorso anno gli allevamenti erano stati sospesi dal Ministero della Salute per prevenire la diffusione del Covid-19, ma senza il nuovo provvedimento le strutture avrebbero dovuto riaprire a gennaio. Il divieto di allevamento rappresenta quindi il traguardo di un percorso che era già iniziato l’anno precedente e che ha scongiurato la nascita di circa 40mila visoni destinati a morire atrocemente e diventare pellicce, e di ridurre il rischio di contagio da e verso gli animali dopo i focolai che erano stati rintracciati in due stabilimenti.

Lo stop agli allevamenti da pelliccia rappresenta un passo avanti memorabile che contribuisce a rendere il nostro Paese più civile ed etico. Simone Pavesi, responsabile Area Moda Animal Free della Lega Anti Vivisezione (LAV), ha sottolineato: “Abbiamo messo la parola fine ad una industria crudele, anacronistica, ingiustificabile che non ha più motivo di esistere in una società dove il valore di rispetto per gli animali, in quanto esseri senzienti, è sempre più diffuso”. L’obiettivo è stato raggiunto con la collaborazione delle associazioni animaliste e grazie al sostegno di diversi senatori e deputati che hanno sposato le iniziative a tutela degli animali.

Diversi brand di moda avevano già preso le distanze dall’industria delle pellicce abbandonandone l’utilizzo nelle loro linee di abbigliamento. Tra questi ci sono Valentino, Gucci, Burberry, Gruppo Armani, Tommy Hilfiger, Balenciaga e Calvin Klein. Valentino, una tra le maison più importanti al mondo, era già diventata “fur free” dichiarando che le alternative alle pellicce animali potessero essere più etiche e maggiormente rispettose nei confronti dell’ambiente. Anche il Gruppo Armani nel 2016 aveva deciso di abbandonare l’uso delle pellicce e il primo dicembre dello scorso anno con un tweet aveva annunciato che dalle collezioni 2022/2023 avrebbe rinunciato pure alla lana d’angora, dopo le proteste di diverse associazioni, tra cui PETA (People for the Ethical Treatment of Animals) Asia, che avevano mostrato le cruente immagini del terribile supplizio cui vengono sottoposti i conigli, che vengono immobilizzati e poi privati del loro pelo in modo brutale. Pure Kering, il gruppo finanziario proprietario dei brand Bottega Veneta, Saint Laurent, Gucci, Balenciaga e Alexander McQueen, aveva deciso di diventare “fur free”. Tra questi, Gucci era stato il primo a comunicare la rinuncia alle pellicce nel 2017 e si era impegnato nella sensibilizzazione degli altri marchi di moda che poi avevano seguito il suo esempio.

La decisione di rinunciare alle pellicce si era configurata negli anni come una scelta quasi forzata perché i consumatori erano sempre più attenti al rispetto e alla tutela degli animali e alla sostenibilità dei capi d’abbigliamento acquistati. Le pellicce, i cappotti, le borse e gli stivali con inserti di provenienza animale avevano perso già il loro fascino ed erano passati gradualmente di moda anche a causa della diffusione delle immagini e dei video dei crudeli abbattimenti di massa di visoni, procioni e cincillà che avevano fatto il giro del mondo. Ora è finalmente arrivato il traguardo finale con il divieto di allevamenti di animali da pelliccia.

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