Poiane, civette, gabbiani, corvi imperiali, aironi, e anatidi, c’è posto persino per una volpe nel CARFS di Bonassai. Sorto nell’agro di Olmedo, il Centro regionale per l’Allevamento e il Recupero della Fauna Selvatica, si è occupato sin dall’inizio di soccorso della fauna ferita o debilitata, con una particolare attenzione verso l’avifauna sarda, con specie protette e in via di estinzione.
La fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello stato e la necessità di cura, degli individui in condizioni di bisogno, è dettata dall’esigenza di ricostruzione di importanti anelli della catena trofica ed ecologica.
Il CARFS di Bonassai è uno dei due i centri in Sardegna per recupero degli animali selvatici, gestito dall’Agenzia Regionale Forestas, con veterinari e operai di grande esperienza che accolgono gli animali e se ne prendono cura fino al ritorno alla vita selvatica, possibilmente nello stesso luogo di ritrovamento. All’ingresso di ciascun animale viene compilata una scheda personale coi parametri sulla patologia e sulla zona di rinvenimento, che solitamente avviene ad opera di privati cittadini. Il recupero segue un percorso standardizzato: la segnalazione alle forze dell’ordine, o ad associazioni, fa in modo di attivare il trasferimento nel minor tempo possibile.
Dotato di ambulatori e laboratori di analisi, sala chirurgica e radiologica, con circa 500 ingressi all’anno, è in grado di assistere più di 60 specie differenti, provenienti da tutta la regione. I traumi più frequenti sono quelli causati dal maltempo, che con forti raffiche di vento destabilizza il volo portando gli uccelli a sbattere contro i cavi e le strutture, o da maldestri tentativi di involo dal nido, ma ci sono anche casi di malnutrizione e stress da migrazione. Si registrano anche parassitosi o intossicazione da prodotti chimici e sporadici casi di ferita da arma da fuoco o di avvelenamento.
Il CARFS è dotato anche di recinti e gabbie, personalizzate a seconda della specie, dove i vari esemplari seguono un percorso di degenza e di riabilitazione di circa un mese. Prima del rilascio, vengono tutti forniti di dispositivi di identificazione, grazie ai quale è possibile riconoscerli in caso di successivi recuperi. Non sempre però è possibile una completa riabilitazione, talvolta, particolari patologie o menomazioni ne impedirebbero la sopravvivenza in natura e allora, l’animale resta ospite del Centro per tutta la vita, nelle aree adibite alla didattica ambientale.
A Bonassai, infatti, si svolge anche attività di educazione ambientale per le scuole. Le classi vengono accompagnate in un circuito tra le strutture dove possono ammirare animali che difficilmente vedrebbero in un ambiente naturale, sia in fase di riabilitazione che in lunga degenza, che facenti parte di allevamento. Il Centro si occupa anche della riproduzione a scopo di ripopolamento della pernice sarda. Attraverso la diffusione delle attività svolte nel Centro, si cerca di formare una coscienza ambientale accurata nei giovani, quale presupposto per una corretta gestione futura del patrimonio naturalistico. Le scuole sono coinvolte anche nelle manifestazioni pubbliche create per la liberazione degli animali riabilitati: questi eventi rappresentano un notevole momento di sintesi del lavoro svolto dal CARFS.
Molto importante è lo studio di monitoraggio dei problemi ambientali effettuato in collaborazione con l’Università di Sassari con appositi tirocini. Attraverso l’analisi dei patogeni si compila un quadro di salute della popolazione di specie di particolare interesse e del loro habitat. I rapaci, ad esempio, sono molto sensibili alle condizioni ambientali e per questo sono degli importanti bioindicatori.
Dal 2015, il Centro di Bonassai, è partner del Progetto Life Under Griffon Wings che ha come finalità la ripresa demografica del grifone in Sardegna, attraverso un’azione di restocking, con il rilascio di 60 esemplari provenienti dalla Spagna. Questo avvoltoio, un tempo molto diffuso, oggi è ridotto a circa 42 coppie localizzate nel territorio tra Alghero e Bosa, in uno stato di conservazione definito critico, e con una valenza genetica molto importante in quanto unica colonia naturale in Italia.
25 anni di ricoveri di grifoni a Bonassai hanno generato una notevole banca dati per analizzare e cercare di eliminare le cause di estinzione. L’attivazione di un nucleo cinofilo antiveleno del Corpo Forestale, la creazione di punti di alimentazione autorizzati, e una rigida quarantena hanno determinato un incremento della sopravvivenza e una diminuzione delle perdite per avvelenamento e patologie.
Fondamentale per il mantenimento e l’ampliamento dell’areale è stata l’attivazione dei carnai aziendali, che ci rende la prima regione in Italia con circa 30 punti di alimentazione monitorati costantemente. Grazie al coinvolgimento delle realtà locali, con una campagna di sensibilizzazione, si è ottenuta non solo una particolare attenzione verso la specie ma anche una limitazione dell’uso dei farmaci negli allevamenti, in modo da conferire delle carcasse adatte all’alimentazione del grifone.
Il CARFS è stato dotato di nuove strutture per il ricovero e la riabilitazione degli esemplari in difficoltà, quali delle vere e proprie palestre di fisioterapia create a loro misura. Restano però, anche in questo caso, degli individui irrecuperabili mantenuti a fini didattici, e non solo. Su di essi è in atto un’azione di sperimentazione per la riproduzione in cattività sulla scia dei buoni risultati di Centri europei su altri avvoltoi. Ottenendone il successo, si avrebbero nuovi esemplari da rimettere in natura e Bonassai diventerebbe l’unico Centro italiano di riferimento per la cura e il ripopolamento di questa delicatissima specie.