Nuraghe Is Fanebas: un gioiello archeologico dimenticato nel cuore della Sardegna

L’affascinante sito nuragico, collocato tra i lecci e le querce da sughero nella foresta di Gutturu Mannu nel territorio di Assemini, è in gran parte ancora interrato e giace in uno stato di abbandono, caratteristiche che ne accentuano la bellezza e il mistero

Nuraghe Is Fanebas, Assemini. ? S&H Magazine

Nel cuore della foresta di Gutturu Mannu, all’interno dell’isola amministrativa del comune di Assemini, in una suggestiva posizione nei pressi della sorgente di Mitza Fanebas è possibile ammirare un affascinante sito nuragico. In gran parte ancora interrato e attorno al quale non sono mai stati fatti scavi e ricerche importanti; questo nuraghe prende il nome dalla omonima sorgente situata a poche decine di metri di distanza.

Per poter visitare questo sito nuragico è indispensabile percorrere la strada che, attraverso la più grande foresta di lecci e querce da sughero della Sardegna, collega la chiesetta campestre di Santa Luxia e monti al comune di Santadi. Una volta giunti circa al tredicesimo chilometro della strada sterrata, in direzione Santadi, è necessario svoltare a destra dove, una volta percorse alcune centinaia di metri, si giunge ad un’area attrezzata che si sviluppa tra il corso del rio Gutturu Mannu e la sorgente di Mitza Fanebas. Una volta giunti in quest’area, se ci si dovesse inoltrare nel bosco che si sviluppa nella sponda opposta del torrente sarà possibile ritrovarsi di fronte il nuraghe di Is Fanebas.

Questo nuraghe poco conosciuto rappresenta un caso isolato nella zona: difatti nella località sono molto rare le strutture tipiche dell’antichità sarda e se presenti sono tutte o in parte interrate, oppure, quasi come nel caso dei templi asiatici o sudamericani, sono avvolti dalla foresta (come il sito pre-nuragico in località Porcili Isidori, a pochi chilometri da Is Fanebas).

Attorno al nuraghe in questione non sono mai stati fatti scavi regolari, eccetto, con tutta probabilità, quelli dei tombaroli, infatti, il sito giace in uno stato di totale abbandono e, nonostante una dimensione quantomeno apparentemente considerevole, esso non ha mai suscitato particolare attenzione agli occhi degli archeologi e delle autorità locali.

Ciò che si evince ad un primo sguardo è l’emersione dal terreno di tre strutture circolari unite tra di loro: la più alta, che esce dal terreno per circa un paio di metri rappresentava, con molta probabilità, la torre principale, mentre, nel lato sud della stessa, si possono notare le altre due strutture circolari quasi del tutto sottoterra. Inoltre, tutt’attorno alle strutture a tholos è presente una distesa di massi e macerie varie, le quali farebbero venire in mente che intorno al nuraghe si sviluppasse un villaggio ad esso attiguo. Non solo, un aspetto alquanto affascinante è il fatto che colpendo il terreno in alcuni punti intorno alle torri si possa percepire un rumore che sembrerebbe di vuoto, come se sotto il terreno fossero presenti delle cavità dovute a strutture totalmente interrate. Ad ogni modo la scarsità di informazioni sul sito e l’assenza di ricerche approfondite non permette alcuna conclusione certa sul nuraghe, né da un punto di vista planimetrico e tantomeno da un punto di vista storico.

Nuraghe Is Fanebas, Assemini. ? S&H Magazine

Alcune informazioni utili, tuttavia, potrebbero essere ricavate dal nome della località e dal fatto che essa fosse una zona nota anche in epoca romana, infatti alcuni resti attribuibili a quella fase storica sono presenti nei pressi di una cascatella poco distante. Per quanto riguarda il nome di “Is Fanebas” esso potrebbe essere riconducibile al termine latino fanum, col quale venivano indicati i santuari non di architettura classica ma bensì, in molti casi, di tipologia celtica; che spesso erano caratterizzati da strutture circolari e torri formi, similmente ai nostri nuraghi.

Il fatto che questo sito sia totalmente abbandonato e lasciato al suo destino, arroccato in mezzo ad una delle foreste più interessanti della Sardegna, ne accentua la sua bellezza e il mistero che lo avvolge lo rende sicuramente più affascinante. Tuttavia, diviene difficile stabilire se esso debba essere studiato e pubblicizzato, con tutte le conseguenze che ciò farebbe scaturire, oppure lasciato così al suo destino e fruito solo da pochi appassionati. Sicuramente non guasterebbe una seppur minima tutela del bene, ad esempio attraverso una recinzione, almeno per evitare un’eccessiva vulnerabilità alla maleducazione umana.

Exit mobile version