In quell’alone di fascino e mistero che domina le tradizioni di cui è ricca la Sardegna, rientrano a pieno titolo anche i numerosi simboli, antichi e particolari, che ancora oggi vengono frequentemente richiamati e raffigurati in quanto portatori di significati molteplici e profondi.
Uno degli emblemi della cultura, dell’identità e del folklore isolano è rappresentato dall’immagine stilizzata di un volatile colorato e contraddistinto da una magnifica coda a ventaglio, che generalmente siamo abituati a vedere nel pavone: la pavoncella sarda.
La pavoncella è un uccello migratore di grandezza media presente in Giappone, in Nord Africa e, naturalmente, in Europa. Il suo habitat è costituito soprattutto da pianure, prati umidi, pascoli e campi coltivati. Ha un aspetto molto particolare, è infatti caratterizzata da piume verdi, rosse e nere, con riflessi color bronzo, sul dorso, e bianche sul petto e sull’addome, delle zampe rosa corte, un becco nero, un elegante ciuffo sul capo di circa 10 cm e lunghe ali di forma arrotondata.
Il nome rispecchia proprio le sue peculiarità, viene infatti chiamata pavoncella per via del piumaggio molto simile a quello del pavone, mentre il suo nome scientifico è “Vanellus vanellus” e si riferisce al suono che emette e che ricorda il rumore che fa il grano quando va a finire nel vaglio per essere setacciato.
Presente anche in Italia, dal punto di vista storico si hanno notizie di una nidificazione della pavoncella a partire dal 1950 circa, in particolare nella Pianura Padana dove, ancora attualmente, sono presenti la maggior parte delle coppie di questa specie. Si stima che ogni anno vengano a svernare nel nostro Paese oltre 100mila esemplari.
Pur non essendo una specie endemica – esattamente come il pavone che in passato non faceva parte della fauna dell’Isola -, secondo diverse fonti l’arrivo della pavoncella in Sardegna viene fatto risalire all’epoca della dominazione bizantina, avvenuta nel corso del VI secolo dopo Cristo. Da allora, nonostante le sue origini orientali, è sempre stata considerata come un tipico simbolo sardo e nei secoli si è diffusa soprattutto nelle comunità agro-pastorali che le hanno attribuito un’accezione assolutamente positiva, quasi magica. Già al pavone, noto anche come l’uccello dai cento occhi – quelli presenti nelle sue piume e che rappresentano le stelle, l’universo, il sole e la luna -, in certe culture è in effetti riconosciuta la capacità di trasformare le situazioni negative in qualcosa di positivo.
La pavoncella è considerata innanzitutto un simbolo di eleganza, rappresentando, grazie alle sue sembianze e al suo volo pieno di grazia, la bellezza unica della natura.
Sono in tanti, tuttavia, ad attribuirle soprattutto un significato di rinascita per via della sua somiglianza, per forma e colori, con l’araba fenice, l’uccello mitologico che risorge dalle proprie ceneri, e da cui alcuni pensano addirittura che possa discendere.
Questo secolare uccello migratore, inoltre, è segno di prosperità e fertilità. Sarebbe infatti portatore di piogge e raccolti abbondanti, e della buona salute delle mandrie e delle greggi. Inoltre, per via del comportamento protettivo di questo volatile verso i suoi piccoli, molte donne in dolce attesa tendono ad indossare ciondoli o amuleti che raffigurano proprio la pavoncella sarda come augurio per una gravidanza serena e un parto senza complicazioni.
Non mancano nemmeno i riferimenti religiosi. Proprio come il pavone nella simbologia cristiana rappresenterebbe l’immortalità dell’anima, così anche la pavoncella richiamerebbe un legame con il cielo. Passando poi dal sacro al profano, non bisogna dimenticare anche il suo utilizzo a fini scaramantici, ecco perché in tanti la portano con sé anche come amuleto portafortuna, in modo da avere una protezione contro il malocchio e le avversità.
Oltre ai talismani, nelle case e nei negozi di prodotti artigianali e di souvenir un po’ di tutta la Sardegna, è facile trovare l’immagine della simpatica pavoncella, dipinta generalmente di blu, per decorare numerosi oggetti in ceramica, ma anche lampade, cestini, mobili – soprattutto cassapanche, sedie, armadi e madie -, tessuti e gioielli.
Fonte di ispirazione per gli artigiani, questo simpatico volatile è anche tra i protagonisti della cultura culinaria dell’Isola. La sua figura, infatti, spesso viene utilizzata per decorare su coccoi, il pane di semola di grano duro che viene preparato in occasione dei giorni di festa, in particolare della Pasqua. Inoltre, è stata uno stimolo anche per altre tipologie di opere, basti pensare che l’artista Antonio Soddu Pirellas, grazie all’utilizzo di alcuni milioni di piante di erba medica, ne ha addirittura disegnato l’immagine su un campo di grano di 13 ettari, che si trova tra i comuni di Ussana e Donori, nel Sud Sardegna.
Ma a rendere immortale questa araba fenice sarda ci ha pensato uno dei più grandi poeti del Novecento, Giuseppe Ungaretti, come narrano i versi della sua poesia “Volarono”:
“Di sopra dune in branco pavoncelle
Volarono….
Pavoncelle calate qui,
In Sardegna svernato, l’altro giorno.
Le odo, mentre camminano non viste …”