Su Naschimentu, la tradizione del presepe in Sardegna

Ricorrenza molto sentita in tutta l’isola, la Natività di Cristo continua ancora adesso ad alimentare la pratica del presepe, lunga tradizione che affonda le radici nel XIII secolo d.C.

Il Presepe del Rione di Via Roma a Berchidda. ? Faceboook

Un albero addobbato, l’ardua scelta tra pandoro e panettone, pranzi in compagnia di cari affetti, una sensazione di serenità che consente di ricaricarsi e tornare poi alla quotidianità: questo in poche parole è il Natale, forse in assoluto il periodo più magico dell’anno. Una festività che, come dice la parola stessa, per i cattolici si lega alla nascita di Gesù il 25 dicembre e anche in Sardegna trova una delle massime celebrazioni nella tradizione del presepe o “Su Naschimentu”.

Traducibile come “La Nascita”, “Su Naschimentu” si configura come una pratica assai sentita e dalle origini remote, rintracciabili addirittura nei primi decenni del 1200 d.C. Fu difatti in questo periodo che i frati francescani furono incaricati di officiare presso la chiesa cagliaritana di “Santa Maria de Portu Gruttis”, nella quale introdussero uno dei primi esemplari di presepio. Grazie alla zelante attività dei monaci stessi, esso gradualmente divenne simbolo diffuso nell’intera regione e rese “Su Naschimentu” una tradizione da portare avanti soprattutto sotto Natale.

Occasione di fervente fede, a partire dal XIII secolo d.C. l’allestimento del presepe iniziò quindi a coinvolgere enti religiosi e parrocchie, dove annualmente la Sacra Famiglia si materializzava in un preciso lavoro costruttivo. Generalmente si partiva dalla capanna, – realizzata con l’assemblaggio di pezzi di legno ricoperti poi con tela e dipinti – per poi passare ai personaggi, con testa lignea e corpo fatto di canne foderate con vestiti in stoffa. Il solenne quadretto era infine inserito in un ambiente arricchito con “sa murta”, ossia il mirto evocante la rigogliosa vegetazione sarda. Anche negli ambienti domestici il presepe trovò terreno fertile, prendendo corpo in figure realizzate in creta e collocate in una peculiare scenografia con costruzioni in sughero.

Entrambi contesti basilari per la tradizione isolana del presepe, che successivamente si arricchì di ulteriori connotazioni rispetto al resto d’Italia, legandosi in particolare all’ambito pastorale. Non era infatti inusuale che in aree come Gallura e Logudoro la notte di Natale i pastori si riunissero attorno al presepe per cantare “Is Goccius” – canti devozionali per il Bambin Gesù – oppure che nel presepio si introducessero personaggi e situazioni della quotidianità sarda. Abitudine ripresa poi anche dagli insegnanti Enzo Meloni, Giuseppe Schirra e Antonio D’Angelo, che negli anni ‘50 del ‘900 diedero vita al cosiddetto “Primo Presepio Sardo” comprendente diversi elementi locali come nuraghi, suonatori di launeddas e carri allestiti a festa (“sas traccas”).

Espressione di un’identità unica, “Su Naschimentu” trova ancora oggi nutrimento in variegate pratiche, da quelle maggiormente tradizionali alle più originali. Singolarità per esempio riscontrabile nella chiesa di Nostra Signora di Talia a Olmedo (SS) – sede di un presepe fatto interamente di pane, dalle piccole case fino a “sa Pinnetta”, ossia la stella cometa – e nel cosiddetto “presepe subacqueo”, che dal 1994 anima le acque di Solanas (CA) con statuine in trachite rosa dell’artista Franco Congiu. Parallelamente nel quadro di versioni più comuni rientrano invece i presepi viventi caratterizzanti ogni Natale vari centri isolani, da Sant’Antioco (CI) a Narcao (CI) fino a Collinas (SU), teatro di un suggestivo presepe vivente in lingua sarda.

Fulcro di diverse varianti, nel tempo la Natività è divenuta tema anche di vere e proprie manifestazioni, tra cui l’emozionante rassegna “Notte de Cheludi Berchidda (SS). Organizzato nel mese di dicembre, l’evento accoglie annualmente visitatori da tutta la Sardegna e li guida alla scoperta di presepi a grandezza naturale, percorso così suggestivo da aver soprannominato Berchidda “paese dei presepi”. Tra brillanti luminarie e incantevoli rappresentazioni sacre, generalmente è inoltre possibile godere di momenti musicali e assaporare tipicità locali. Una magica atmosfera che ha accompagnato anche l’ultima edizione svoltasi il 9 e 10 dicembre scorso dove diversi rioni hanno sfoggiato un proprio presepio accompagnati dalle “Cantones de Nadale”, tradizionali canti natalizi del berchiddese Pietro Casu e tra cui figura anche “Notte de Chelu” (“Notte del cielo”), titolo a cui si ispira il nome della manifestazione.

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