La tradizione ceramica di Oristano: un legame millenario tra passato e presente

L'antica arte dei “figuli” e l'evoluzione della ceramica oristanese attraverso il progetto “Oristano Città Museo” e il centro di documentazione “Terracotta”

La Brocca della Sposa della ceramista Angela Zoccheddu. ? Sardegna Artigianato

La Brocca della Sposa della ceramista Angela Zoccheddu. ? Sardegna Artigianato

Attraversato dal fiume Tirso, il comune di Oristano costituisce il capoluogo dell’omonima provincia nella Sardegna centro-occidentale. Se da una parte l’area – dal nome di derivazione incerta – conobbe diversi momenti storici e conseguenti cambiamenti, dall’altra si caratterizzò anche per aspetti mantenutisi durevoli nel tempo. Creatori di un legame tra passato e presente, tra questi fili rossi vi è anche quello della tradizione ceramica, viva nel territorio oristanese da millenni e ancora alimentata dal lavoro dei cosiddetti “figuli”.

La lavorazione ceramica ad Oristano richiama un tempo assai lontano giacché il materiale veniva lavorato fin dal Neolitico, in un periodo compreso tra il 6000 e il 2800 a.C. L’attività si incrementò in età prenuragica a partire dal IV millennio a.C., frangente in cui l’esportazione e lo scambio di manufatti fu davvero fiorente. Con il sopraggiungere del Medioevo la situazione non mutò, ma fu ravvivata dalla nascita del “figulo”, cioè l’artigiano ceramista.

Traducibile in italiano come “figolo”, la figura del “figulo” si diffuse durante il XV secolo d.C., fase a cui risalgono le prime relative attestazioni. In particolare, i documenti si riferivano alla presenza del termine “figoli” entro il Condaghe delle monache clarisse, raccolta di atti di donazione a loro favore. In ambito monastico emerse anche un’ipotesi sull’ubicazione figulina a nord-est delle mura oristanesi, zona del cosiddetto “Burgu de sos congiolargios”, ossia “Il sobborgo dei figoli”. Inoltre, nel XVII secolo d.C. l’attività ceramica si strutturò nella Corporazione dei Figoli o“Gremio”, divenuta presto parte integrante della vita economica e socioculturale cittadina.

Frutto di estrema precisione, ancora oggi la tradizione ceramica oristanese consta di diverse fasi di lavorazione assimilabili al cuore del mestiere figulino. Dopo essere stata ben pulita, l’argilla viene impastata e lavorata con modalità atte a darle peculiare foggia. Tra le tecniche più usate vi è per esempio quella del tornio, dove la materia è modellata dal vigoroso movimento delle mani. Alla foggiatura segue la rifinitura, dove il manufatto leggermente essiccato viene privato di imperfezioni ed eventualmente decorato. Una volta ornato e completamente essiccato, si passa a una prima cottura in forno che consente l’applicazione di smalti e vernici, concludendo poi con la seconda infornata per restituire il prodotto finito.

Come già accennato, la produzione ceramica ad Oristano è attestabile fin dal Neolitico e nel tempo le sue finalità si sono sempre più diversificate. Oltre ad utensili, fiasche e contenitori, le ricerche archeologiche hanno evidenziato l’esistenza di manufatti funerari, tra cui lucerne riconducibili al contesto bizantino e cristiano. Altro aspetto interessante è il legame tra prodotto finito e finalità d’uso, dinamica che tutt’ora genera capolavori. Esemplificative in tal senso sono le cosiddette “Brocche della sposa”, elementi del corredo nuziale sardo di forte valenza religiosa. Tali oggetti augurali presentano solitamente motivi floreali ed immagini del repertorio sacro o storico, come ad esempio la Brocca della Sposa della ceramista Angela Zoccheddu in piazza Eleonora d’Arborea, che mostra la Giudicessa a cavallo accompagnata da dettagli di storia giudicale arborense.

L’affascinante Brocca della Sposa dedicata ad Eleonora d’Arborea offre un assaggio dell’universo ceramico oristanese, che si amplifica entro gli itinerari artistico-culturali del progetto “Oristano Città Museo”. Entrata nel vivo nel 2017, l’iniziativa celebra il lavoro ceramico con installazioni di artigiani locali disseminate per il centro storico. Diverse sono le aree interessate, a partire da Piazza Martini, sede delle ceramiche di Caterina Porcu sull’approvvigionamento idrico femminile. Le 4 donne raffigurate sono impegnate nel trasporto de “Sa mariga” (la brocca per l’acqua) e indossano “Su Tidili”, fazzoletto per attutire il peso del recipiente sul capo. Non molto distante, il Giardino Santa Gianna Beretta Molla ospita la “Bambina” di Valentina Pisu, rappresentata con occhi chiusi e aria sognante. Ulteriori contributi provengono anche da Margherita Pilloni, – per esempio con le ceramiche di antichi utensili in piazza Roma – dalla cooperativa Ceramica Maestri D’Arte e dal laboratorio Ceramiche Manis.

Parallelamente all’operato contemporaneo, la tradizione ceramica oristanese persiste anche grazie alla zelante attività di “Terracotta”, il centro di documentazione sulla ceramica di Oristano. Nato nel 2018, esso affianca all’esposizione ceramica la funzione archivistica, relativa alla divulgazione dell’esperienza figulina e dell’evoluzione artigianale oristanese. L’ambito documentario è inoltre supportato da un percorso multimediale, ricco di informazioni su luoghi ed oggetti della storia ceramica. Ubicato in via Sant’Antonio, il Centro è aperto tutti i giorni dalle 10:00 alle 13:00 e dalle 16:30 alle 19:30. Ingresso libero su prenotazione, da effettuare scrivendo all’indirizzo terracotta@comune.oristano.it.

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