Angelo Maggi in mostra a Sassari al Carmelo e in Sala Duce

La città di Sassari dedica ad Angelo Maggi due mostre. A Palazzo Ducale, in Sala Duce, troverà spazio, dal 4 al 26 maggio, un’esposizione di grandi tele, che hanno come protagonista la Sardegna, i suoi colori e la sua tradizione. L’ex convento del Carmelo ospiterà invece, dall’11 maggio al 9 giugno, una retrospettiva sull’opera dell’artista sassarese e un viaggio nel suo mondo onirico, dagli ex voto alle madonne, dalla decorazione all’illustrazione.

 

Angelo Maggi a Palazzo Ducale – Sala Duce
4 – 26 maggio 2018
dal martedì al venerdì dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 19
sabato dalle 10 alle 13

Tele di grande formato ritraggono donne dal volto seducente, donne che rappresentano la bellezza della città e dell’isola. È facile ritrovare in queste opere la morbidezza del velluto, il fascino rustico dell’orbace, il tintinnare prezioso dei monili.

Le donne di Maggi hanno come copricapo stratificazioni di panni e ricercate arracadas rosso corallo.

L’indaco, l’azzurro, il cremisi, l’oro, riempiono i quadri. È il colore che delinea paesaggi e racconta ricami, panneggi e impensabili decori. Squarciano le tele i gioielli di filigrana, gli amuleti, sos coricheddos, che conquistano per la loro eleganza antica, memori di una storia millenaria, ricca di stratificazioni culturali. Sono un esercizio di stile, una copiatura dal vero, che sanno di ornamento e di illustrazione, ed espressamente ostentano la formazione di decoratore e di illustratore propria dell’artista. Quasi una miscellanea tra arte “bassa” e arte “alta”, tra pittura ed illustrazione, tra arte “applicata” e “pura”.

La figura femminile primeggia: una donna, non più simbolo di “Primitivo” caro ai pittori del primo novecento sardo, ma di una contemporaneità estrema, che non dimentica l’eredità e porta in sé le stigmate ben delineate e definite del femminile e del maschile. Una Dea Madre con sognanti occhi socchiusi e labbra rosse accattivanti seduce gli orgogliosi sardi e affascina con il suo esotismo. Madre e Matrigna come a volte sa essere una terra, un’isola che soggioga con la sua struggente grazia, carica di possente malinconia.

 

Angelo Maggi all’ Ex Convento del Carmelo
11 maggio – 9 giugno 2018
dal martedì alla domenica dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 21

Una retrospettiva dell’opera dell’artista invaderà il pianterreno dell’ex convento del Carmelo, con opere che ripercorrono quarant’anni di carriera.

Non una retrospettiva in senso cronologico e di stile, ma un insieme volutamente caotico, disordinato; un caleidoscopio di forme e di colori che rappresenta il modo di sentire di Maggi; una sfida tra sé e ciò che vorrebbe rappresentare. Dalle prime timide piccole tele, ai grandi formati che caratterizzano la produzione attuale. Una cernita faticosa, alla ricerca di quel mondo che dapprima fu astratto, sperimentale, dei primi anni dopo l’Istituto d’Arte, ma poi, sempre e più convintamente figurativo. Ogni sala del piano superiore ospiterà un tema. Si susseguiranno Ex Voto, le grandi Madonne Sarde che portano orgogliosamente, come copricapo, i simboli del loro saper fare. Ci si lascerà dominare dai racconti onirici di “Minnia”, l’alter ego femminile dell’artista, e si volerà con lei su di un mare popolato di castelli di carta, di giocolieri, funamboli di felliniana memoria. I fruitori saranno catturati da labbra bramose, appagate e turgide che assaporano barocche nature morte. Sarà la luna foriera di novità ad accompagnare il pubblico alla scoperta di nuovi racconti e nuove metafore. I miti, il Minotauro, le maschere di un carnevale dell’anima. Quei torniti corpi tatuati che narrano di vite passate e future. Un turbinio di emozioni e sensazioni suggerite dalla tavolozza di colori che attinge dai più reconditi istinti e archetipi. Giocare con il qui ed ora; rappresentare un mondo senza fraintendimenti e sotterfugi, usando un linguaggio che rasenta l’ovvietà. Il viso femminile, l’audace ed aitante corpo maschile, trasmettono beltà ed armonia e fanno compagnia a quel flusso di pensieri che si materializzano sulla tela, come sequenze filmiche che concretizzano sopiti desideri inespressi. Questo ed altro ancora è il tempo, il mondo di Angelo Maggi che sarà ospitato nel labirintico spazio del Carmelo.

 

 

Mentre il colore impregna la tela e piccoli segni delineano sembianze, una voce echeggia nell’aria e racconta:
«Sono nato a Sassari negli anni cinquanta. Ho vissuto la mia infanzia e adolescenza a Porto Torres. Sono cresciuto in una famiglia libera e in un ambiente libertario. Passavo le mie giornate fuori, all’aperto. Porto Torres era un piccolo paese al confine del mare, e da sempre il suo respiro ha alimentato i miei sogni e le mie fantasie. Giocavo su quelle spiagge incontaminate. Mi nutrivo di colori e salsedine, e di quella sabbia impalpabile, con tutte le sue iridescenze. Un insegnante mi contagiò la passione per il disegno. Volevo diventare pittore, disegnare, tracciare, comporre, fare e raccontare. La Fabbrica non era ancora comparsa, ma al limitar degli anni sessanta cominciarono ad apparire i primi insediamenti, le prime ciminiere. Ricordo che per tutti i miei familiari andare a lavorare in quei capannoni era un riscatto ed una concreta realizzazione. Io guardavo tutti quei fabbricati con incredulità, quasi con livore; il chiudermi in quattro mura era come morire. Fuggii da Porto Torres che a quel punto sentivo stretto, nonostante il mare. Arrivò il sessantotto e con esso la mia iscrizione all’Istituto d’Arte a Sassari. Andare a scuola, parlare d’arte, stare a contatto quotidianamente con il mondo artistico era ciò che più desideravo. Ricordo le contestazioni, la mia prima occupazione. Tutti eravamo uguali, non c’erano distinzioni: sia sociali, sia formative. Era un mondo d’arte e l’arte era il mondo. C’erano: Stanis Dessy, Gavino Tilocca, Aldo Contini, Zaza Calzia, mentori e maestri. Che fascino quelle lezioni. Hanno lasciato in me ricordi indelebili. Arrivarono gli anni settanta e con essi le mie prime timide mostre. Cominciai col decorare vetri e ceramiche. Lavoravo per e con i privati, quasi su committenza. È negli anni ottanta che nasce La Saison, laboratorio ed atelier, ma al tempo stesso bottega dove mi circondo di tutto ciò che ritengo possa essere definito bello. Dipingere è sempre stata una passione, un mestiere, che mai mi ha abbandonato. L’occasione arriva nel 1993, una mostra, che svela il mio mondo. Fatto di piccole cose. Una ricerca figurativa, che spazia ed attinge dai miti, dalle leggende e dalle favole, da quell’isola nella quale vivo e che sento intrinsecamente mia. È un volto femminile, timido e sognante, che mi dà il pretesto di narrare, raccontare, indagare emozioni. Mi identifico e mi riconosco in quel volto, inconsapevolmente gioco a nascondino con le emozioni che celano quegli occhi socchiusi, che dipanano e compitano paesaggi barocchi e lussuriosi, forti Dee Madri o Madonne de Sos Pabassinos ricche di ExVoto. Ieratiche mani incorniciano funamboli, torri babeliche che sanno di mura e città invisibili che sono la mia città. Riempio, ingrandisco, do spazio ai sogni, all’armonia, all’illusione di un’arte che attingo dagli amati pittori rinascimentali, che con grazia e pudore ancora oggi stupiscono e fanno sognare. Ammorbidisco, esalto il colore, dipingo volti, corpi che trasfigurano la realtà e proiettano in un mondo interiore quasi astratto che pulsa e vive. Sono riuscito a valicare le frontiere. New York, Parigi, Cannes e Roma hanno ospitato le mie creazioni. Abito case, mi inorgoglisce riempire angoli, decorare con serenità e leggerezza spazi altrui. Ma ancor di più, sono fiero di questa mia città che è Tattari Manna, dove vivo e lavoro. È a lei che dono il mio lavoro con immensa gratitudine».

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