Un viaggio a ritroso nel tempo fino agli albori di quelle civiltà di cui si pensava non fosse rimasta alcuna traccia.
È ciò che è avvenuto ad Aosta, a Saint Martin de Corléans, grazie ad una straordinaria scoperta risalente al 1969 e ora narrata nel docufilm “Franco Mezzena, l’archeologia raccontata con il sorriso”, una produzione di ArcheoFoto Sardegna, con la regia di Nicola Castangia e Andrea Fenu.
L’opera è tra gli ottantotto documentari in gara alla sesta edizione del Firenze Archeofilm, il Festival Internazionale del Cinema di Archeologia Arte e Ambiente, organizzato dalla rivista “Archeologia Viva”, in programma da mercoledì 6 a domenica 10 marzo 2024 nel cinema del capoluogo toscano “La Compagnia”.
Già nell’edizione 2018 del Firenze Archeofilm, Archeofoto Sardegna si era aggiudicato, in ex aequo, il primo premio per la produzione del film “Ercole Contu e la scoperta della Tomba dei Vasi Tetrapodi”, con la regia di Andrea Fenu e la direzione artistica di Nicola Castangia, in cui veniva raccontato l’emozionante rinvenimento di una delle più importanti sepolture di epoca neolitica della Sardegna e dell’intero Mediterraneo. Nel documentario in gara quest’anno, la cui proiezione è in programma domenica 10 marzo, Archeofoto Sardegna porterà invece all’attenzione del pubblico la storia della scoperta di uno dei più interessanti siti archeologici della preistoria in Europa: l’area megalitica di Saint Martin de Corleans, ad Aosta.
Il racconto comincia con l’atteso incontro, in quei luoghi di Aosta intrisi di storia, tra il direttore del Menhir Museum di Laconi, Giorgio Murru – che quarant’anni prima, da studente, partecipò agli scavi -, e il grandissimo archeologo Franco Mezzena, protagonista dell’eccezionale ritrovamento.
“Nel giugno 1969 ero sergente alla Scuola Militare Alpina di Aosta che si trovava a poche centinaia di metri da un cantiere in cui erano in corso i lavori di costruzione di alcuni condomini – ricorda Franco Mezzena -. Avevano cominciato da poco a scavare e per curiosità andai con mia moglie a dare un’occhiata perché quel sito sorgeva vicino ad una zona sottoposta a un vincolo di 100 metri per la presenza della chiesetta di Saint Martin del XII secolo, costruita sui resti di un’antica città romana ritrovata sotto due metri di terra”.
Ben presto, Mezzena e la moglie, Rosanna Mollo, anche lei archeologa, notarono che nella parte orientale del cantiere le ruspe avevano scavato fino a cinque metri di profondità riportando alla luce il tetto di una tomba. “Pensammo subito che a quella profondità ci potesse essere qualcosa di molto antico, così facemmo in modo che la Soprintendenza fermasse i lavori. Esistevano già vecchie leggende che narravano che sotto la chiesa di Saint Martin ci fosse una città molto più antica di quella romana ed effettivamente, prima di quegli scavi, ad Aosta non era mai stato trovato nulla di simile”.
Durante le campagne di scavo andate avanti fino al 1990-91, anno dopo anno quello che emerse fu un sito pluristratificato, dell’ampiezza di 10.000 metri quadrati e che, dalla fine del V millennio a. C., ebbe continuità di vita fino almeno all’età romana. “Questa scoperta è molto importante non solo a livello nazionale ma addirittura europeo – rivela l’archeologo -, perché riguarda l’origine di Liguri, Etruschi e Iberi, di quei popoli venuti dal Caucaso, viaggiando attraverso i fiumi, per colonizzare l’Europa e cercare l’oro. Tutto ciò potrebbe essere riconducibile alle leggende degli Argonauti e al mito di Eracle”.
Tra i rinvenimenti più suggestivi sono da annoverare l’aratura del terreno, la semina di denti umani e le stele antropomorfe ancora perfettamente allineate e piantate sul terreno, molto simili a quelle ritrovate anche in Sardegna, soprattutto nel territorio di Laconi. “Tutto ciò che abbiamo trovato nel sito ci ha rivelato le usanze propiziatorie e i riti sacrificali di un’epoca di cui, non esistendo ancora la scrittura, non c’era nessuna testimonianza. L’archeologia serve a ricostruire la storia – conclude -, e grazie a questi scavi è stato possibile ricostruire fatti storici che prima non conoscevamo perché le tracce si trovavano sotto 5 metri di terra”.
L’ingresso alla rassegna è gratuito. Per conoscere il programma consultare il sito di Archeofilm.