Era una domenica qualunque quando abbiamo scelto una meta vicino casa per andare a fare un bagno con i bimbi, il caldo era afoso e l’unico motivo per muoversi era proprio concedere ai nostri figli di sguazzare un po’ nell’acqua del lago. Inoltre, c’era sempre stato uno strano legame tra me e quei luoghi: fin dalla prima volta in cui mi ci portò mio marito ho sempre sentito una strana connessione, come se io in quel posto ci fossi già stata.
Arrivammo alla spiaggia era affollatissima, decidemmo così di andare a passeggiare sul sentiero che costeggia il lago, per trovare un po’ di refrigerio e anche alla ricerca di una spiaggetta isolata dove eventualmente tuffarci. È così che restai indietro rispetto i miei figli e mio marito, per fare alcuni scatti di scorci meravigliosi, come si vedono nelle cartoline.
Mentre camminavo cercando di recuperare la distanza tra noi, costeggiai un muraglione che attirò stranamente la mia attenzione, era scrostato, rovinato, ma a un certo punto c’era un piccolo cancello d’ingresso che dava su una casa, non si vedeva molto a causa della fitta vegetazione. Dopo aver buttato lo sguardo proseguii decisa. Mi raggiunse Nicolò, il mio bimbo mi prese per mano e si mise a raccontare quello che aveva visto più avanti: una biscia morta. Lo ascoltai senza prestare troppa attenzione perché sentivo una strana energia a guidarmi. Arrivai alla fine del muraglione che costeggiava il sentiero e alla mia sinistra vidi il grande cancello d’ingresso.
Fu una stranissima coincidenza arrivare lì davanti: osservai con attenzione il ferro battuto degli intarsi, un vecchio cancello arrugginito ma dall’aria ancora nobile, sopra le colonne laterali a cui era ancorato c’erano due grandi lanterne sempre in ferro battuto, avvolte da una pianta di edera che le conferiva un’aria di elegante abbandono.
Oltre il cancello le piante erano cresciute ovunque ma riuscivo ad intravedere la casa e, senza rendermene conto, mi appoggiai e strinsi tra le mani il ferro invecchiato. Fu allora che vidi alla mia destra una data scolpita sulla colonna, segnava 1809. La casa era antica.
Un brivido mi percorse la schiena, mentre guardavo davanti a me successe una cosa strana: le piante sparirono, vedevo solo l’edificio com’era una volta, il prato partiva dal cancello e si estendeva per tutto il giardino fino alla sponda del lago. La casa era bellissima, tutta in pietra a vista, le imposte colorate di rosso, c’era una veranda e un tavolo vicino al muretto che si affacciava sul lago, sopra un centro tavola con della frutta e le sedie bianche spostate come se qualcuno si fosse appena alzato. Sentii alcune voci di bambini, non erano i miei figli, mi guardai attorno ero da sola in quel luogo camminavo nel giardino e poi li vidi. Quattro bimbi che giocavano sul prato, vestiti con indumenti leggeri ma d’altri tempi; attirò la mia attenzione una femminuccia con i riccioli biondi, mi fece un cenno di saluto con la sua manina sorridendo allegra e disse ad alta voce: “mamma c’è una biscia morta!”. Poi sentii toccarmi sul braccio, era la mano di Nicolò che richiamava la mia attenzione: “mamma vieni, papà e Mattia sono già avanti…” Risposi a monosillabi e mi voltai per guardare la bimba. Era sparito tutto, ero ancora al cancello, davanti a me erano ricomparse le piante e il rudere.
Mentre mi allontanavo potevo ancora sentire le voci dei bimbi che giocavano, adesso sapevo che in quella casa c’ero stata veramente, in un altro tempo, un’altra epoca, un’altra vita.