“Elbrus”, il futuro distopico della razza umana nel romanzo di Giuseppe Di Clemente e Marco Capocasa

La sci-fi è un’abbreviazione di science fiction, uno dei generi che storicamente ha riscontrato maggiore favore nell’arco della storia della settima arte. Leggendo il romanzo “Elbrus” di Giuseppe Di Clemente e Marco Capocasa, edito da ‏Curcio, mi sono sentita catapultata indietro nel tempo quando da bambina guardavo tutti i film di fantascienza e serie tv famose come Star Trek. Mia madre grande appassionata di fantascienza mi faceva guardare con lei questi episodi sul grande schermo, anche la sua libreria è ricchissima di titoli dei maggiori scrittori di questo filone. Io personalmente non ho mai avuto una predilezione per questo genere, quindi è stata una novità approcciarmi a questa lettura.

La trama è già di per sé interessante: nell’Anno Domini 2113 la Terra è al collasso. I cambiamenti climatici prodotti dal riscaldamento globale hanno determinato nuovi equilibri geopolitici. Il sovrappopolamento e le migrazioni di massa verso i paesi “non più freddi” sono parte di un problema più esteso: l’imminente scarsità di risorse che permettano il sostentamento del genere umano nel prossimo futuro…

In un momento storico come questo, in cui si parla ogni giorno di riscaldamento globale, inquinamento e energie rinnovabili, gli autori hanno voluto immaginare un futuro catastrofico molto realistico, in cui il sovrasfruttamento e altri fattori determinano quello che potrebbe accadere in un tempo non troppo lontano, il lettore si trova catapultato in questo mondo disastroso e nel contempo distopico, dove protagonisti sono i progressi della genetica e della genomica umana. 

La storia è scorrevole, anche se all’inizio ho fatto un po’ fatica a seguire il filo del discorso, ma dopo qualche decina di pagine si fa tutto più chiaro, la storia ti coinvolge e gli autori raccontano in modo vivido immagini di un futuro possibile, le descrizioni dei luoghi e del periodo storico le ho trovate davvero interessanti.

Non voglio rivelarvi troppo, posso dirvi però che ci sono due archi temporali, quello del 2113-2118 e quello del 2154-2155, e gli autori ci fanno muovere facilmente tra di essi.

Personalmente il messaggio che ho letto tra le pagine è molto chiaro, l’uomo deve iniziare subito a prendersi cura del suo pianeta. Una lettura che fa riflettere, lo consiglio a chi ama il genere fantascientifico/distopico.

Suggerisco la colonna sonora per la lettura 2001: A Space Odyssey Soundtrack, e vi lascio ad una breve intervista agli autori.

Buona lettura
Aurora Redville

Che lavoro fate?
MC
: Sono un ricercatore universitario. Mi occupo dello studio delle relazioni fra la diversità genetica e culturale nelle popolazioni umane.
GDC: Sono un agente di Polizia Locale, dottore in economia e appassionato di astronomia.

Quando è nata la passione per la scrittura?
MC
: Coltivo la mia passione per i romanzi e per la fantascienza fin da quando ero bambino. La scrittura rappresenta una parte importante del mio lavoro. Chiaramente, la scrittura scientifica è molto diversa da quella narrativa ed Elbrus rappresenta la mia prima esperienza in questo ambito.
GDC: fin da ragazzo ho profuso grande passione nella scrittura creativa, un vero e proprio laboratorio che ha contribuito a forgiare la personalità e alimentato la curiosità verso ogni genere letterario. Tutte quelle letture, anche molto distanti fra loro sia per temi sia per stile, sono state un patrimonio prezioso da cui partire per creare uno stile proprio. Infine, ho scelto la fantascienza come genere per potermi esprimere compiutamente.

Com’è nata l’ispirazione per questo romanzo?
MC e GDC
: La trama di Elbrus è nata un poco alla volta, mentre stavamo ragionando sugli aspetti bioetici del primo romanzo di Giuseppe, Oltre il domani. L’idea iniziale era quella di scrivere insieme un racconto breve, ma poi le cose sono andate diversamente, la nostra collaborazione ha preso una strada molto più articolata ed Elbrus è divenuto romanzo.

Che messaggio volete trasmettere con questa storia?
MC e GDC
: In Elbrus abbiamo affrontato temi come l’etica della scienza, la diversità biologica e culturale, l’importanza dei legami familiari. Il nostro intento è stato quello di “fertilizzare” la trama del romanzo con questi e altri aspetti che fanno parte del presente di tutti noi, caratterizzando personaggi che si muovono in un futuro in cui l’umanità è messa a dura prova dai suoi stessi errori. La nostra speranza è quella di aver reso Elbrus una lettura interessante anche ai non appassionati del genere fantascientifico.

Quanto hanno contribuito le vostre esperienze di vita in quello che avete scritto?
MC
: Chiaramente i miei interessi scientifici e professionali hanno trovato spazio nella stesura del romanzo. Ma si tratta di uno spazio creativo, di fantasia, dedicato alla costruzione, insieme a Giuseppe, di uno scenario futuro immaginario sufficientemente credibile da restituire al lettore quei punti di riferimento vicini alla realtà necessari all’immedesimazione nelle vicende che abbiamo raccontato.
GDC: Delineare questo racconto con l’amico Marco è stato di per sé una meravigliosa avventura. Nelle pieghe della trama, necessariamente prestabilita per permettere una scrittura a quattro mani, c’è stato modo di dare corpo a riflessioni intime e raccontare, traslandoli, momenti di vita vissuta. Nessun personaggio è il nostro avatar letterario, ma tutti possono aver evocato qua e là le nostre insicurezze, raccontato sprazzi di vita vissuta, incarnato persone che abbiamo conosciuto, pennellato una nostra visione del mondo. Elbrus, fra le righe, dà corpo alle nostre emozioni.

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