Non passa stagione televisiva in cui il cartone animato di Lady Oscar non venga proposto nelle fasce di programmazione dedicate al pubblico più giovane: un grande classico dell’animazione, dunque, che lo scorso 1° marzo ha celebrato un anniversario importante nel nostro paese, quello dei 40 anni dalla prima messa in onda, nella fascia oraria delle 20 su Italia 1. Un traguardo per certi versi impressionante, per chi ricorda i pomeriggi trascorsi in compagnia di programmi come Bim Bum Bam, su cui, in seguito al grande successo, approdò anche la “Lady spadaccina” più amata dalle bambine dell’epoca e, di certo, molto apprezzata anche dai bambini.
In Giappone, tuttavia, il cartone animato fu quasi un fiasco, soprattutto se paragonato al successo del manga a cui è ispirato, anzi allo shōjo manga, il manga “per ragazze”, di Riyoko Ikeda; è doveroso precisare che nel Sol Levante i fumetti sono suddivisi per target molto precisi -lo “shōjo” per esempio è rivolto alle ragazze dai 10 ai 18 anni-, ma le diverse categorie non precludono a priori alcun tema e sono piuttosto caratterizzate da convenzioni grafiche ben riconoscibili.
La Ikeda, nel lontano 1972, propose all’editore Shūeisha un manga di argomento storico, ambientato in Francia negli anni che precedettero la Rivoluzione; dopo aver letto la biografia di Maria Antonietta redatta dallo scrittore austriaco Stefan Zweig nel 1932, infatti, l’autrice rimase affascinata dalla figura della principessa, tanto da volerne raccontare le vicende sentimentali e politiche. L’editore, inizialmente diffidente, accolse il progetto, riservandosi la possibilità di interrompere la pubblicazione se il manga non avesse incontrato i favori del pubblico: Versailles no bara – Le rose di Versailles, invece, si rivela un successo, soprattutto grazie al personaggio di Oscar François de Jarjayes, giovane donna comandante della Guardia Reale di Versailles a cui, in particolare, è affidata la sicurezza di Maria Antonietta, futura sposa del re di Francia Luigi XVI.
Oscar, educata dal padre come un uomo e votata alla vita militare, è affiancata nei suoi compiti dal fidato attendente André Grandier; le vicende sentimentali dei protagonisti si snodano tra intrighi di corte, sconvolgimenti politici e sommosse popolari: un ruolo fondamentale è ricoperto dal conte svedese Hans Axel von Fersen, che vive una struggente storia d’amore con la regina Maria Antonietta e per cui anche Oscar nutre forti sentimenti. Con l’avvicinarsi della Rivoluzione i toni del racconto si fanno più drammatici: Oscar abbandona la Guardia Reale e diventa comandante del reggimento della Guardia Francese di Parigi e André, da sempre innamorato di lei, si arruola pur di seguirla: il destino dei personaggi si compie il 14 luglio 1789, con la presa della Bastiglia.
È facile comprendere, anche da questi pochi cenni, quanto la storia di Oscar sia attuale, per le riflessioni legate al genere e al ruolo della donna che suscita: educata alla disciplina militare, Oscar smentisce una lunga serie di stereotipi legati al suo sesso e, anzi, si distingue per acutezza e capacità di discernimento. La brillante carriera, tuttavia, ha un prezzo e implica una rinuncia pressoché totale della propria femminilità: quando Oscar decide di vestire i panni di una donna, mossa dall’amore per il conte von Fersen, viene respinta e sembra chiudersi definitivamente agli affetti, salvo poi comprendere e ricambiare, finalmente, il sentimento del fedele André. È interessante notare come, nella coppia, venga ribaltata la prospettiva tradizionale, stereotipata certo, ma più aderente agli stilemi del periodo storico: Oscar è solare, forte, coraggiosa ai limiti dell’arroganza; André, al contrario, è paziente, sensibile, defilato fin quasi alla rassegnazione.
Di certo uno dei punti di forza del manga è proprio la caratterizzazione del personaggio di Oscar, per cui Riyoko Ikeda si è ispirata a La principessa Zaffiro (Ribbon no kishi – Il cavaliere col fiocco), opera del maestro Osamu Tezuka pubblicata nel 1953 e considerata come il primo shōjo manga: la principessa Zaffiro, nata con un cuore maschile e uno femminile, è una spavalda spadaccina in cerca d’avventure e, al contempo, una romantica sognatrice, che ha quindi prefigurato l’affascinante, attualissima narrazione di Lady Oscar, capace di demolire gli stereotipi di genere a colpi di fioretto e di diventare simbolo di libertà e affermazione di sé, pur in una società chiusa come quella francese dell’ancien régime.
Nel 1974 il manga ha ispirato, in Giappone, un famoso musical della compagnia teatrale Takarazuka, composta da sole donne, mentre è del 1979 il film franco-nipponico di Jacques Demy “Lady Oscar”, con Patsy Kensit nel ruolo della protagonista da bambina; nello stesso anno va in onda per la prima volta l’anime, il cartone animato, che però viene giudicato troppo diverso dal fumetto e accolto con delusione dal pubblico giapponese, salvo poi venire rivalutato nel corso degli anni ’80. In Italia, invece, il successo della serie, composta da 40 episodi, è immediato, tanto da attirare l’attenzione della censura: numerosi aspetti del racconto, giudicati inadatti ai bambini, vengono edulcorati e alcune scene tagliate; stessa sorte tocca al fumetto, pubblicato nella rivista di Candy Candy, che ha avuto il merito di portare gli shōjo manga nel nostro paese, pur sottoponendoli a pesantissimi stravolgimenti, tra il 1980 e il 1987.
In quegli anni, a essere percepita come “pericolosa”, è soprattutto la narrazione dell’amore: il sentimento tra Oscar e André non resta platonico, così come la sessualità non è raccontata solo in chiave etero: si coglie una gamma infinita di sfumature nel corpo di Oscar, celato da una divisa maschile eppure svelato nell’amore che prova e suscita, che la rende una donna straordinariamente moderna, capace di affermare la propria identità, fuori da schemi e imposizioni. Sarà questo il motivo per cui la famosa eroina nata 50 anni fa, a cui il padre “nella culla ha messo un fioretto” -così recitava la celebre sigla cantata da I Cavalieri del Re-, continua a essere così “rivoluzionaria”?