Quando si entra nel mondo di Gaia Boni, il desiderio di scoprirlo fino in fondo fa a botte con la sensazione, a tratti incomprensibile, di appartenerci. Che la giovanissima artista trentina scriva (poesie) o canti o suoni o fotografi o metta in mostra le sue creazioni, come nel caso di AIAL, la personale presentata dalla Accademia di Belle Arti “G. Carrara” a Bergamo, queste due impressioni si alternano, si allontanano ma, alla fine, si fondono. E il risultato è una percezione riuscita e completa, quasi un ponte fra identità e natura.
AIAL, in una variante locale del dialetto trentino, vuol dire due cose, entrambe destinate a sparire: le rovine, di un’abitazione montana, e il luogo dove venivano costruite le carbonaie. Due creazioni umane circondate dal bosco, che le unisce, le protegge, le sorveglia e le condanna a una fine segnata, quando gli alberi le avranno accerchiate e divorate per sempre.
In due stanze, ognuna caratterizzata da un significato, Boni unisce simmetrie e asimmetrie, concettuali e fisiche, senza mai cadere nell’astratto e riportando di continuo la materialità di questa indagine. Sembra di vederlo, il lavoro dei carbonai, lontano dagli affetti ma attaccato e dipendente dalla natura. Il tutto a ricordare e a ricordarci che viviamo in un’enorme ciclicità, che riempiamo e attraversiamo con rispetto ma che ci riporta al prima, cancellando il resto. AIAL percorre il rapporto fra uomo e natura a passo deciso ma mai sostenuto, in un costante e inarrestabile metamorfismo di realtà.
Gaia Boni, classe 1996, ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Bergamo e incarna la poliedricità artistica. Ha pubblicato la raccolta di poesie Fiori nudi (CartaCanta, 2018).